Immigrazione clandestina
Ponte tra l'Europa e il sud del Mediterraneo, il nostro Paese è spesso una tappa obbligata per coloro che desiderano emigrare nell'Occidente più ricco e sviluppato, alla ricerca di migliori condizioni di vita.
Ma l'Italia non è solo terra d'immigrazione. Essa ha conosciuto anche un lungo passato di emigrazione. Secondo i dati del ministero degli Affari Esteri, nell'arco di circa cento anni, dal 1876 al 1986, oltre 26 milioni di italiani hanno lasciato la propria terra per recarsi in altri Paesi. Due i momenti storici interessati in modo particolare all'esodo: l'epoca post-unitaria e il secondo dopoguerra.
I primi grandi flussi migratori si sono verificati infatti tra il 1875 e il 1900, ed hanno interessato inizialmente il Piemonte, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, e solo in un secondo momento anche le regioni del meridione, Sicilia e Campania prime fra tutte. Tra le destinazioni principali le terre d'America e alcuni paesi europei e, solo in misura minore, anche l'Australia e l'Africa.
In seguito all'avvento della prima guerra mondiale, l'esodo di migranti italiani ha subito una fase di arresto ed è ripreso in modo significativo solo al termine della seconda guerra mondiale, diretto soprattutto verso l'Argentina, il Canada e il Venezuela.
Fra la metà degli anni cinquanta e gli anni settanta, il flusso è cresciuto notevolmente grazie ad accordi bilaterali tra il nostro Governo e alcuni Stati europei ed extraeuropei, e il numero di chi ha deciso di lasciare il nostro Paese arriva, tra il 1945 e il 1965, a quasi 6 milioni.
In questa fase, gli italiani che emigrano sono prevalentemente di origine meridionale e sono diretti soprattutto verso Paesi europei come il Belgio, la Svizzera o la Germania, che conoscono uno sviluppo più rapido del nostro e presentano una maggior offerta lavorativa nell'industria pesante, nelle miniere e nel settore edilizio.
Negli stessi anni, in seguito al boom economico, crescono anche le migrazioni interne di chi dalle regioni del Sud raggiunge le aree più industrializzate del Nord. Tra il 1951 e il 1974, sono più di 4 milioni i meridionali che emigrano verso il centro e il nord d'Italia, e di questi la maggioranza si stabilisce nel cosiddetto triangolo industriale: Torino, Milano, Genova.
Sul finire degli anni settanta lo scenario muta ancora, e da paese di emigranti l'Italia diventa "terra d'immigrazione". Verso le sue frontiere e le sue coste cominciano a dirigersi migliaia di persone provenienti prima dai Balcani, poi dal Sud del Mediterraneo e infine dall'Europa orientale. In questo periodo, l'immigrazione straniera si affianca all'emigrazione italiana, cominciando a catturare l'attenzione dell'opinione pubblica.
Nel corso degli anni settanta e ottanta, i flussi in ingresso nel Paese sono ancora di entità modesta. Si tratta in prevalenza di donne che dall'America Latina, dalle Filippine e dai paesi del Corno d'Africa vengono in Italia per lavorare come domestiche, e di braccianti, per la maggior parte provenienti dalla Tunisia, che lavorano stagionalmente in Sicilia.
Solo all'inizio degli anni novanta i flussi divengono più intensi e si trasformano in vere e proprie "ondate" migratorie. Mete principali sono soprattutto le coste delle regioni meridionali. Inizialmente è l'Albania il principale paese di origine del flusso migratorio, che si riversa sulle coste pugliesi attraverso il canale di Otranto. Ad esso, si affiancherà presto l'esodo dei profughi dall'ex Jugoslavia, che giungono in Italia attraverso i confini di terra a loro più vicini.
Successivamente, altri flussi più intensi provenienti dall'Africa mediterranea e sub-sahariana, diretti verso le coste siciliane, sostituiranno le migrazioni dalla regione balcanica. Ma queste non cesseranno mai del tutto e riprenderanno con forte intensità nel 1997, in coincidenza col dissesto economico e finanziario dell'Albania, e nel 1999 in occasione della guerra in Kosovo.
L'accresciuta collaborazione con l'Italia da parte delle Autorità di alcuni paesi di origine e di transito dei flussi migratori (in particolare Sri Lanka, Albania, Turchia ed Egitto), ha drasticamente ridimensionato il fenomeno dell’immigrazione clandestina via mare. Sono stati azzerati i flussi provenienti dall’Albania e dalla Turchia, diretti rispettivamente in Puglia e Calabria, ed il fenomeno interessa ormai unicamente Lampedusa e le coste siciliane.
Negli ultimi venti anni, la legislazione italiana ha cercato più volte di regolamentare il fenomeno dell'immigrazione e di affrontare le problematiche ad esso connesse.
Sono state così approvate diverse "leggi in materia", ma solo recentemente questo corpo di norme è stato armonizzato attraverso un testo che riordina tutta la normativa precedente, il "Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero", poi modificato dalla "Legge 30 luglio 2002, n. 189", meglio nota come legge Bossi-Fini.