La scelta del legislatore tra reclusione militare e reclusione comune

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Abbiamo detto che, in linea di massima, esiste una correlazione tra «reato esclusivamente militare e pena militare», ed esiste altresì una correlazionetra «reato non esclusivamente militare e pena comune». 

Tuttavia, mentre la prima correlazione può dirsi costante[1], la seconda correlazione non è assoluta e va incontro a numerose deroghe, dalle quali si evince che nello scegliere il tipo di pena per i reati non esclusivamente militari il legislatore militare ha riguardo non soltanto alla natura degli interessi offesi, bensì anche alla natura e gravità del comportamento incriminato. 

  • Per esempio, l’insubordinazione è un reato non esclusivamente militare: ma solo i casi più gravi di insubordinazione mediante violenza (omicidio, lesioni gravissime, lesioni gravi - artt. 186 e 187 c.p.m.p.) sono puniti con pena comune; i casi meno gravi di insubordinazione mediante violenza (ad esempio, lo spintone, lo schiaffo, ecc.), nonché l’insubordinazione mediante minaccia o ingiuria (artt. 189 e 190 c.p.m.p.), sono puniti, invece, con pena militare. 

I casi di insubordinazione prevista dagli artt. 189 e 190 c.p.m.p. non possono, infatti, giustificare una espulsione dal consorzio militare, e d’altra parte sono di tal natura da consentire una rieducazione del soggetto nell’ambito dell’organizzazione militare.

Quindi nei reati c.d. obiettivamente militari il legislatore sceglie il tipo di pena in relazione all’opportunità o meno di espellere il soggetto attivo (=autore) del reato dal consorzio militare; e quando commina la reclusione comune è perché tendenzialmente orientato verso quella espulsione. Tale tendenza si esprime nel fatto che la pena della reclusione comune è prevista dal legislatore militare in misura tale che il massimo edittale non è mai inferiore a 5 anni: è sempre aperta, quindi, per il Giudice la possibilità di determinare la pena concreta nella misura di 5 anni o più e di far conseguentemente scattare la degradazione[2], in forza dell’art. 28, 3° comma c.p.m.p.  La riprova di ciò si ha nel fatto che in nessuna norma dei Codici penali militari il legislatore commina a carico di militari una pena della reclusione comune il cui massimo edittale sia inferiore ai 5 anni.

Le poche norme, infatti, che prevedono la reclusione comune con un massimo edittale inferiore a 5 anni riguardano tutte “soggetti attivinon aventi la qualità di militari e nei cui confronti, quindi, non si pone il problema della degradazione. 

  • Così, ad esempio, gli articoli 254 (pilota non militare che rifiuta, omette o ritarda di prestare servizio), 255 (pilota che induce in errore il Comandante), 257 (reati di comandanti di navi mercantili o di aeromobili civili), 259 (rifiuto di assistenza a nave o aeromobile militare da parte di comandante di una nave mercantile o di aeromobile civile) c.p.m.p.

Una riprova ulteriore si ha nel disposto dell’art. 55 c.p.m.p., dove il legislatore, disciplinando il concorso di reati che comportano la reclusione comune e di reati che comportano la reclusione militare, determina l’applicabilità dell’una o dell’altra specie di pena proprio sulla base della irrogazione o meno della pena accessoria della degradazione.Tuttavia, se poi in concreto il Giudice determina la reclusione comune in misura inferiore a 5 anni, la degradazione non scatta, la espulsione non si verifica. Sorge allora l’esigenza di sostituire alla reclusione comune la reclusione militare, dato che il condannato mantiene lo status di militare, con tutte le relative conseguenze. 

A quella esigenza il legislatore provvede con l’art. 27 c.p.m.p., il quale prevede la c.d. sostituzione della pena militare alla pena comune, disponendo nel 1° comma: «Alla pena della reclusione comune, inflitta o da infliggersi ai miliari per reati militari, è sostituita la pena della reclusione militare per uguale durata, quando la condanna non importa la degradazione».

Concludendo:


[1] Vi è un solo caso in cui viene leso soltanto un interesse militare ma al tempo stesso è impossibile irrogare la reclusione militare: è il caso della procurata inabilità permanente al servizio militare.

[2] La degradazione non è semplicemente – come a prima vista parrebbe far pensare la parola – la perdita del grado: è la perdita della qualità di militare; una sorta di indegnità che comporta delle vere e proprie incapacità militari.