Il procedimento davanti al Giudice di Pace: cenni
Il Giudice di Pace appartiene all'ordine giudiziario così come il magistrato ordinario ma, a differenza di questo, è un «magistrato onorario» a titolo temporaneo (laureato in Scienze giuridiche ovvero ex magistrato, ex avvocato, insegnante di materie giuridiche). Rimane in carica quattro anni e alla scadenza può essere confermato una sola volta per altri quattro anni. Al compimento del 75° anno il Giudice di Pace cessa dalle sue funzioni. Egli è tenuto ad osservare i doveri previsti per i magistrati ed è soggetto a responsabilità disciplinare.
Il Giudice di Pace dal 1º ottobre 2001 è anche un giudice penale (ma è entrato effettivamente in funzione il 1º gennaio 2002): il decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, ha attribuito alla sua cognizione, una larga parte dei reati di lieve e di facile accertamento cc.dd. di microcriminalità, consistente in forme illegalità minori per gravità, ma molto diffuse nell’ambiente sociale e tra gli altri, alcuni reati di notevole diffusione, contro la persona, quali le percosse e le lesioni, l'omissione di soccorso; contro l'onore, quali l'ingiuria e la diffamazione; contro il patrimonio quali il danneggiamento e l'ingresso abusivo nel fondo altrui.
- Tra le fattispecie delittuose previste dal Codice della Navigazione affidate alla tutela penale del Giudice di pace, rientrano:
- art. 1094 Cod. nav. (Inosservanza di ordini da parte di componente dell’equipaggio);
- art. 1095 Cod. nav. (Inosservanza dell’ordine di arresto);
- art. 1119 Cod. nav. (Componente dell’equipaggio che si addormenta).
- I reati comuni più frequenti (accertati in ambito portuale e demaniale) di competenza del Giudice di Pace, sono:
- art. 590 c.p. (Lesioni colpose - in materia di lavoro marittimo e violazioni stradali);
- art. 635 c.p. (Danneggiamento - in ambito portuale).
Rilevasi peraltro come i reati di cui agli artt. 1096 e 1119 Cod. nav. sono piuttosto rari, e comunque di difficile accertamento da parte della Polizia Giudiziaria.
Si evidenzia inoltre come l’art. 1103 impone la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai titoli o dalla professione; tuttavia, poiché il G.d.P. non ha – ex art. 55 D.Lgs. 274 / 2000 - alcun potere di emettere pene diverse da quelle stabilite dal Decreto stesso, le pene accessorie suddette non appaiono più irrogabili.
► Attività di indagine ex art. 11 d.lgs. 274/2000
Con l’introduzione della figura del Giudice di Pace nell’ordinamento nazionale – e la estensione delle competenze esercitate dallo stesso anche in materia penale – si sono contestualmente ampliate le funzioni procedurali ed i compiti che la Polizia Giudiziaria deve esercitare per le fattispecie di reato ricadenti sotto la competenza del G.d.P., in ispecie – per quanto concerne le Capitanerie di Porto - per reati di lesione personale conseguenti agli infortuni marittimi e per quelli indicati agli articoli 1095, 1096 e 1119 Cod. nav.
Una modifica in senso restrittivo delle competenze penali del G.d.P. vi è stata recentemente in materia di «circolazione stradale», laddove molte violazioni penalmente sanzionate sono tornate nella competenza dell’ A.G. ordinaria, e sottratti, quindi, al G.d.P.
A quest’ultimo Organo giudiziario è rimasta la sola competenza per il reato di cui all’art. 590 c.p. (lesioni colpose lievi) - reato punibile a querela di parte la cui commissione – a seguito o in conseguenza di incidente stradale - costituisce, giusta comma 3° dello stesso articolo – specifica violazione di competenza del G.d.P. - mentre le lesioni gravi e gravissime restano di competenza del Tribunale.
Tale evento peraltro è la conseguenza più frequente sia in caso di incidente stradale anche di media gravità – e che comporta anche la contestuale adozione del provvedimento di sospensione della patente (provvedimento questo di competenza del Prefetto), sia per eventi occorsi in corso di navigazione, e segnatamente per le lesioni e gli infortuni commessi in violazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. 271/99 in materia di sicurezza del lavoro marittimo e portuale.
In presenza di tali fattispecie di reato, infatti, la Polizia Giudiziaria è tenuta all’inoltro della specifica “Relazione” di indagini di cui all’art. 11 del D.Lgs. 274/2000, entro il termine di 4 mesi dall’accertamento del fatto.
Detta relazione deve contenere una "enunciazione del fatto illecito commesso con indicazione degli articoli di legge che si suppongono violati, e concludersi quindi con la richiesta al P.M. di chiedere la comparizione dell’indagato innanzi al Giudice di Pace, ovvero proporre l’emissione di un provvedimento di archiviazione per difetto di querela – qualora detto atto non sia stato prodotto dal danneggiato o dai suoi tutori o eredi entro 3 mesi dal fatto".
Si rileva come - in caso di presentazione di querela per lesioni a seguito di incidente stradale - la Circolare Ministeriale n° 300/2007 del Ministero dell’Interno prevede il contestuale «sequestro» del veicolo a mezzo del quale è stato commesso l’illecito stradale che ha causato le lesioni stesse.
Con la riforma operata dalla Legge 30.07.05, n° 155, invece, la Polizia Giudiziaria non ha più il potere-dovere di citazione diretta a giudizio dell’imputato – potere che è ritornato sotto l’egida del P.M – ferma restando la condizione di procedibilità di cui all’art. 120 c.p..
- Il processo davanti al Giudice di pace ha luogo normalmente per iniziativa del Pubblico Ministero
Il Pubblico Ministero dopo aver disposto le necessarie investigazioni, se ravvisa elementi sufficienti per sottoporre a processo il soggetto indagato, richiede il suo rinvio a giudizio.
Anche la persona offesa, per i reati perseguibili a querela, può chiedere al giudice l'instaurazione del processo. In questi casi, l'offeso può presentare un "ricorso diretto" al Giudice di Pace, depositandolo nella segreteria del Pubblico Ministero, che provvede alla formalizzazione dell'addebito.
Il Giudice di Pace, se non ritiene il ricorso infondato o inammissibile, dispone la convocazione delle parti innanzi a sé.
Il processo penale innanzi al Giudice di Pace è caratterizzato dalla particolare attenzione a favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra imputato e persona offesa.
Il Giudice, sentita la persona offesa, può dichiarare «estinto il reato» se l'autore della violazione dimostra di aver provveduto alla riparazione del danno causato e di avere eliminato la situazione di pericolo eventualmente determinata.
È inoltre previsto che il Giudice di Pace possa astenersi dal procedere quando risulti, per l'esiguità dell'offesa e l'occasionalità del comportamento, la particolare "tenuità" del fatto (tenuto conto anche del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento arrecherebbe alle esigenze di lavoro, famiglia o salute dell'imputato), sempre che l'offeso non si opponga.
In caso di condanna il Giudice di Pace "non applica" pene detentive, ma "pene pecuniarie" oppure, nei casi più garvi, sanzioni "paradetentive":
- la pena della «permanenza domiciliare»
- la pena del «lavoro di pubblica utilità» (a richiesta del condannato).
L'imputato e la persona offesa sono difesi da un avvocato. Alle persone che non hanno i mezzi per far fronte alle spese di un procedimento penale è assicurato, anche davanti al Giudice di Pace, il gratuito patrocinio, cioè la difesa a carico dello Stato.