Gestione comune delle risorse
Con la costituzione dell’Unione Europea sono stati introdotti regolamenti e direttive comunitarie che hanno modificato la disciplina dell’attività di pesca, considerando tra l’altro che in caso di Regolamenti, questi “prevalgono” sulla normativa nazionale dei singoli Stati, ad esclusione delle norme che per la loro formulazione risultano più restrittive di quelle comunitarie. In particolare il Regolamento (CE) n. 1626/94 del Consiglio del 27 giugno 1994 ha stabilito nuove “taglie minime” per la maggior parte delle specie ittiche, in quanto ha introdotto delle misure superiori a quelle previste dalla normativa nazionale; oltretutto con successive modifiche sono stati banditi alcuni sistemi di pesca, spesso facenti parte della tradizione locale quale ad esempio la sciabica da spiaggia. Fattore di notevole rilevanza da notare è l’assenza di una qualsiasi tolleranza di prodotto sottomisura, mentre per la normativa nazionale era consentito il 10% del peso sul totale del pescato sbarcato dalla singola unità.
Anche per le specie che hanno taglia minima nazionale non esiste più la tolleranza sul sottomisura (D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito in legge con Legge 6 giugno 2008, n. 101). Lo sbarco, il trasporto, il trasbordo e la commercializzazione di esemplari sottomisura rimane solo per le specie (e nelle percentuali) per cui ciò sia chiaramente specificato nella normativa comunitaria (ad esempio, Tonno Rosso, Reg. (CE) 302/2009). Questa particolarità agevola notevolmente l’attività di controllo e soprattutto di repressione delle violazioni in materia, in quanto in qualsiasi punto della filiera commerciale, sbarco, trasporto, detenzione e commercio non è più necessario dover risalire all’intera partita della specie incriminata per stabilire se la percentuale di sottomisura sia superiore al 10% - come in passato - ma è sufficiente anche un unico esemplare di quel singolo quantitativo di prodotto rinvenuto sia di dimensioni inferiori a quelle previste dalle norme comunitarie, per poter intraprendere l’azione repressiva nei confronti del possessore.
Sta quindi al “buon senso” e alla “esperienza” dell’operatore saper valutare la gravità dell’infrazione e soprattutto la volontarietà dell’azione legale, prima di decidere se procedere ai previsti atti di polizia: identificazione (ed elezione di domicilio), dichiarazioni spontanee dell’autore del fatto, sequestro penale del prodotto, rilievi fotografici, ecc e notizia di reato all’A.G.
Per contro la normativa nazionale prevede all’art. 87 del D.P.R. 1639/68 la tolleranza del 10% del peso totale del pescato sbarcato dalla singola unità. Di conseguenza applicando questa norma la contestazione può essere effettuata soltanto al momento dello sbarco del prodotto, infatti la Corte Suprema di Cassazione con la Sentenza n. 8690/1998 ha stabilito che “il commerciante che acquista il prodotto non può avere cognizione del rispetto del divieto imposto dalla legge non disponendo dei dati relativi alla quantità complessiva originaria e, di conseguenza, non risponde del reato di cui all’art. 15 comma 1 lettera c), mancando la prova sia dell’elemento materiale, che di quello intenzionale”.
La creazione dell’Unione Europea ha anche significato libero mercato delle merci e condivisione delle risorse comuni. Questi principi fondamentali sono alla base di una politica comune della pesca, con una gestione delle risorse che fosse condivisa nello spirito dai singoli Stati e che è stata materializzata con l’emanazione di numerosi provvedimenti volti alla tutela delle specie ittiche, tramite anche degli atteggiamenti repressivi uniformi nell’ambito della Comunità Europea; a tale scopo con il Regolamento (CE) 2847/93, di cui si è detto in precedenza, si sono volute individuare le violazioni ritenute più gravi ed invasive dell’ecosistema, prevedendo un resoconto finale da parte di ogni singolo Stato sulla propria attività di repressione svolta, al fine di individuare eventuali difformità di applicazione della normativa nelle singole realtà locali e volendo individuare metodi coercitivi sempre più efficaci ed idonei alla progressiva riduzione dei comportamenti illeciti riscontrati.
Sempre per verificare la corretta applicazione delle normative comunitarie sono stati istituti i “Centri di Controllo Pesca” (D.P.R. 424/98) ed il “Nucleo centrale Ispettori Pesca” (D.M. 12.09.2002) con lo scopo di coordinare l’attività di controllo in ambito nazionale, coadiuvare le ispezioni disposte dall’Unione Europea ed effettuate da personale specializzato di altri Stati comunitari ed inoltre, partecipare alle medesime ispezioni realizzate all’estero sia a bordo di unità italiane anche in acque non comunitarie, sia su unità straniere in acque comunitarie.
Anche la tecnologia è stata messa al servizio dell’attività di vigilanza tramite l’introduzione con il Regolamento (CE) 1489/97 dell’apparato radioelettrico “Blue Box”, che, come abbiamo avuto modo di dire in precedenza, rappresenta una vera spina nel fianco per le condotte illecite, in particolare per ciò che concerne gli sconfinamenti in acque territoriali straniere od il superamento dell’abilitazione consentita.
Questo apparecchio consente di individuare la reale posizione delle unità che lo hanno in dotazione, avendo quindi la possibilità di contestare direttamente eventuali violazioni accertate esclusivamente dal terminale, senza dover obbligatoriamente assistere di persona alla condotta illecita.
Tale tecnologia se da un alto consente un notevole risparmio di energie umane ed economiche, dall’altro garantisce l’inconfutabilità della violazione e quindi la quasi certezza della “condanna” per ogni attività illecita rilevata dallo strumento.