Taglie sottomisura: obbligo di sbarco
La riforma comune della politica della pesca (PCP), stabilisce per il Mediterraneo il divieto di rigetto in mare per quelle specie per cui è prevista una taglia minima comunitaria, in base al Reg. 1967/2006.
In genere, una specie può essere rigettata in mare dopo la cattura per diversi motivi:
- perché inferiore alla taglia minima
- perché rovinata,
- perché non di interesse commerciale, ecc.
Inoltre, le catture di specie che il pescatore intende scartare dovranno essere tenute a bordo registrate nei “Giornali di pesca” in maniera da essere chiaramente distinguibili dalle catture “commerciali”.
Una volta sbarcate, l’uso delle catture di specie di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione è autorizzato unicamente a fini diversi dal consumo umano diretto, come la farina di pesce, l’olio di pesce, gli alimenti per animali, gli additivi alimentari, i prodotti farmaceutici e cosmetici.
Gli obiettivi principali del Regolamento sono di rendere la pesca più selettiva e di ridurre gradualmente i rigetti in mare.
Le catture accidentali e i rigetti costituiscono di fatto uno spreco considerevole e incidono negativamente sullo sfruttamento sostenibile delle risorse biologiche marine e sugli ecosistemi marini.
- Il suddetto obbligo di sbarco NON si applica alle:
a) specie la cui pesca è vietata e che sono identificate come tali in un atto giuridico dell’Unione adottato nel settore della PCP;
b) specie per le quali, secondo i migliori pareri scientifici disponibili, presentano un elevato tasso di sopravvivenza quando sono
rilasciate in mare;
c) pesci danneggiati da predatori, quali mammiferi marini, che, essendo potenzialmente pericolosi per la salute umana e degli
animali domestici, devono essere immediatamente smaltiti in mare.
L’obbligo di sbarco è stato introdotto in modo differenziato a seconda delle varie attività di pesca.
In particolare, l’obbligo di sbarco è già entrato in vigore dal 1º gennaio 2015 per la pesca dei “piccoli pelagici”, vale a dire per la pesca di sgombro, sugarello, acciuga, argentina, sardina, spratto. Per le attività di pesca che mirano alle “specie demersali” [1], l’obbligo di sbarco in Mediterraneo sarà attuato al più tardi dal 2019.
In Italia, le attività di pesca interessate dall’obbligo di sbarco fin dal 1º gennaio 2015 sono sostanzialmente la pesca con i “ciancioli” (o lampare) e la pesca con “reti volanti”.
Lo scopo dell’obbligo di sbarco è duplice, da una parte evitare i comportamenti come il cosiddetto “high grading” (o rigetto selettivo) cioè pescare di più e rigettare morti i pesci che presumibilmente avrebbero un valore minore sul mercato, e dall’altra quantificare lo “spreco” di risorse che deve essere affrontato tramite una maggiore selettività degli attrezzi.
In Italia le specie interessate dall’obbligo di sbarco dal 1º gennaio 2015 sono quindi acciuga, sardina, sgombro, lanzardo, suro, aventi le seguenti taglie minime stabilite dal Regolamento CE 1967/2006:
- acciuga (Engraulis encrasicolus)......... 9 cm
- sardina (Sardina pilchardus)............... 11 cm
- sgombro (Scomber scomber)
- lanzardo (Scomber japonicus)............. 18 cm;
- suro o sugarello (Trachurus spp)....... 15 cm.
Essendo praticamente impossibile per gli Organi di controllo verificare la taglia minima di tutte le acciughe e sardine, in caso di grandi quantitativi, il Regolamento suddetto lasciava agli Stati Membri la facoltà di convertire la taglia di acciuga e sardina come segue:
- acciuga: possibilità di convertire la taglia minima in 110 esemplari per kg;
- sardina: possibilità di convertire la taglia minima in 55 esemplari per kg.
Da questo punto di vista il Regolamento 1380/2013 ha introdotto un cambiamento radicale rispetto a quanto previsto nel Regolamento CE 1967/2006.
Infatti, il Regolamento CE 1967/2006 stabiliva taglie minime per alcune specie commerciali senza alcuna tolleranza lungo tutta la filiera. L’obiettivo era quello di scoraggiare la vendita finale di prodotto sotto misura e di conseguenza anche la richiesta di mercato di pesce sotto taglia. Questa norma, per quanto poco gradita alla categoria dei pescatori, era in ogni caso riconosciuta da questi come necessaria, se applicata e fatta rispettare con buon senso.
Al contrario, il Regolamento 1380/2013, pur vietando la commercializzazione ai fini del consumo umano di prodotto ittico sotto taglia, ha aperto la possibilità di utilizzare tale prodotto per altri fini, attivando potenziali nuovi canali di mercato (farine di pesce, ad esempio).
Questa prospettiva sembra di fatto contraddire i propositi di buona gestione della risorsa insiti nel Regolamento 1380/2013. Infatti, se una unità da pesca potrà in qualche modo commercializzare prodotto ittico anche sotto misura, se ben valutato ai mercati, sarà interessata a catturare il maggior quantitativo di pesce possibile, indipendentemente dalla taglia dello stesso.
Attenzione !
- La legge prevede che la detenzione (non la cattura) di pesce sotto taglia integri un vero reato, ossia un illecito penale (ipotesi di reato sanzionata dall’art. 8, comma 1Dlgs. n. 4/2012).
- Il pescatore che cattura accidentalmente un pesce sotto misura e che lo rigetta immediatamente (vivo o morto che sia) non commette alcun illecito e non è passibile di alcuna sanzione.
- La cattura di esemplari sotto taglia con attrezzi da pesca consentiti dalle legge non integra alcun reato qualora il frutto di tale cattura venga prontamente rigettato (vivo o morto).
La risposta corretta alla domanda “Cosa succede se pesco pesce di misura inferiore al consentito ? ” è: “Niente se il pesce sotto misura viene immediatamente rigettato in mare. In mancanza di rigetto immediato, invece, si rischia l’arresto da 2 mesi a 2 anni o l’ammenda da 2.000 a 12.000 euro”.
Attenzione !
- Sono vietati la cattura, la detenzione a bordo, il trasbordo, lo sbarco, il magazzinaggio, la vendita e l’esposizione o la vendita delle femmine mature dell’aragosta (Palinuridaee spp.) e delle femmine mature dell’astice (Homarus gammarus).
- Le femmine mature dell’aragosta e le femmine mature dell’astice sono rigettate in mare immediatamente dopo la cattura accidentale o possono essere utilizzate per il ripopolamento diretto o il trapianto nell’ambito dei piani di gestione stabiliti a norma degli artt. 18 e 19 del Reg. CE 1967/2006.
Attenzione !
- Solamente i prodotti dell’acquacoltura non sono soggetti ad alcun limite di misura
[1]. Si definiscono “demersali” quelle specie di organismi marini che nuotano attivamente ma si trattengono nei pressi del fondale, sul quale o nei pressi del quale trovano il nutrimento. Il vocabolo si contrappone a “bentonico” o bentos (dal greco βένϑος = “abisso” ) ed a “pelagico”, nel primo caso ci si riferisce a specie (murena, il grongo, la razza, la sogliola, ecc.) che passano tutto o gran parte del loro tempo sul fondale (sono al limite “sessili”), mentre con il secondo si intendono specie che passano la loro vita nell'acqua aperta ed instaurano rapporti con il fondale in modo limitato (tonno, pesce spada, sardina, barracuda, ecc.). In zoologia sono “sessili” gli animali acquatici, incapaci di movimento e che vivono ancorati ad un qualche tipo di substrato solido come per esempio rocce, scafi di imbarcazioni, piante, alghe o altri animali. Tra gli organismi sessili vi sono le spugne, i coralli, capaci di autocostruirsi il proprio substrato, i briozoi, i crostacei balanidi e ctamalidi, gli ascidiacei.