L’articolo 16 [1] della [1]Legge 1 aprile 1981, n. 121 [1] e succ. modif., espressamente prevede le varie componenti delle “Forze di Polizia” cui spetta lo svolgimento delle funzioni di polizia, ai fini della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Rientrano pertanto nella categoria di «Forze di polizia interforze», oltre alla Polizia di Stato quale primaria tipica struttura funzionale di polizia, anche tutti gli organismi istituzionali che, pure essendo sottoposti ad autonomi ordinamenti (Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria e Corpo Forestale dello Stato), svolgono o sono chiamati a svolgere funzioni di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Non è ricompreso, nella categoria, il Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera.
Tuttavia, di fatto, le Capitanerie di Porto esplicano "funzioni di polizia" analogamente alle Forze di polizia o Corpi di Polizia ad ordinamento militare e civile, in ragione delle specifiche funzioni di Polizia Giudiziaria esercitate nei settori d’istituto, sia pur limitati ai particolari compiti di sicurezza pubblica esercitati in ambito portuale, delle funzioni residuali di Polizia Militare, della specifica ed esclusiva competenza esercitata in alcune materie, con consequenziale potestà sanzionatoria e di accertamento delle relative violazioni, e considerando altresì le attività di indagini di Polizia Giudiziaria, anche per reati comuni, che sempre più spesso le locali Procure delegano alle Capitanerie di Porto delle rispettive giurisdizioni, oltre ai servizi di vigilanza e controllo sul demanio effettuati autonomamente o in concorso con le Forze di Polizia, della partecipazione ai Comitati prefettizi di Ordine e Sicurezza Pubblica.
Fra i compiti di istituto espletati dal Corpo delle Capitanerie di Porto rientrano quindi, come sopra meglio specificato, anche le funzioni ed i compiti di polizia, intendendo con essa sia di «polizia amministrativa», sia di «attività di pubblica sicurezza», sia di «polizia militare», sia di «polizia stradale», sia, infine, di «polizia giudiziaria».
L’attribuzione di tali funzioni di polizia va ricercata nel combinato disposto dell’art. 57 comma 3 c.p.p. con l’art. 1235 Cod. nav., laddove questi recitano che “sono Ufficiali di P.G. gli Ufficiali ...ed i Sottuffìciali del Corpo delle Capitanerie di Porto...” sebbene “..nei limiti del servizio cui sono destinati e secondo le relative attribuzioni”. Dette funzioni sono state poi riprese da leggi speciali, quali, ad esempio l'art. 22, comma 3 (Persone incaricate della vigilanza) del Decreto Legislativo 9 Gennaio 2012, n. 4 recante “Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura, a norma dell'articolo 28 della legge 4 giugno 2010, n. 96", l’art. 23 della Legge 31 dicembre 982, n° 979 e succ. modifiche (disposizioni per la difesa del mare), e gli artt. 135 comma 2° e 195 comma 5° del D.lgs. 03 aprile 2006, n° 152 in materia di ambiente, ecc.
Compiti infine di vigilanza e ronda in ambito portuale e sul demanio sono inoltre attribuiti, dall’art. 499 Reg. Cod. nav.[1] (Libro V - Disposizioni penali e disciplinari – Titolo I - Disposizioni in materia di polizia), a tutto il personale della M.M. che presta servizio nelle Capitanerie di Porto, indipendentemente quindi dalla categoria di appartenenza.
Tali attribuzioni di polizia sono limitate, tuttavia, ratione materiae, ai “reati previsti dal Codice della Navigazione” nonché “ai reati comuni commessi nel porto, qualora manchino in tale luogo Uffici di pubblica sicurezza” (art. 1235, comma 2° Cod. nav.)[2]
Detti limiti territoriali non vengono posti tuttavia per la repressione delle violazioni alle leggi sulla pesca penalmente perseguibili (L. 963/65), nonché per l’attività di prevenzione ed accertamento dei reati concernenti l’inquinamento marittimo (L. 979/82 e D.lgs. 152/2006 e successive modif.).
[1] Art. 499 Reg. Cod. nav. (Servizio di ronda) - Ai fini della sorveglianza sulla regolarità dei servizi l’Autorità marittima mercantile ha facoltà di disporre servizi di ronda. Gli Agenti in servizio di ronda possono visitare, in qualunque momento, le navi, i galleggianti e gli aeromobili nonché gli stabilimenti e le altre opere nell’ambito del demanio marittimo e del mare territoriale.
Il servizio di ronda è eseguito per mezzo di marinai o sottufficiali di porto e, ove occorra, dai carabinieri e dagli agenti di pubblica sicurezza, previa richiesta alle autorità da cui questi agenti della forza pubblica dipendono ovvero da militari del corpo equipaggi della marina militare o di altre categorie destinati presso gli uffici di porto.
[2] La nozione di “Reato Marittimo” di cui al citato art. 1235 appare troppo restrittiva, in quanto, cosi formulata, verrebbe ad escludere alcuni gravissimi reati contro la sicurezza della navigazione, quali il reato di naufragio, di danneggiamento seguito da naufragio, o di un delitto colposo di danno per naufragio o sommersione, che verrebbero pertanto con tale limitazione sottratti alla competenza dell’Autorità Marittima, che pure è il principale se non l’unico Organo dello Stato competente ex lege per tale materia.
Deve rilevarsi tuttavia come la Suprema Corte abbia confermato l’esclusione dalle funzioni piene di Polizia Giudiziaria anche per i reati comuni in capo al personale del Corpo, limitando detta qualifica in relazione al servizio affidatogli in connessione con l’attività istituzionale espletata dal Corpo delle Capitanerie di Porto ex art. 1235 Cod. nav., con esclusione quindi sia di quelle di cui all’art. 57, comma 1° c.p.p.. sia di quelle di Polizia Giudiziaria Militare di cui all’art. 301 c.p.m.p. (Cass. Pen., Sez. VI^, Sent. n° 1169 del 01.02.96 ).
Il Regolamento CE n° 562/2006 [2] emanato in data 15.03.06 prevede alcuni compiti di "Polizia di Frontiera" in capo all’Autorità Marittima, laddove non vi sia la c.d. “Guardia di Frontiera” (cioè Ufficio di Polizia di Frontiera per l’Italia).
Tali attività, classificabili quali attività di Polizia Amministrativa connesse alle operazioni di ingresso di stranieri nel territorio nazionale, sono specificate in alcune disposizioni del suddetto Regolamento, e precisamente:
Si rammenta infine l’onere posto a carico del vettore marittimo dall’art.10 comma 3° del T.U. 286/98 che dispone come “ il vettore aereo o marittimo è tenuto ad accertarsi che lo straniero trasportato sia in possesso dei documenti richiesti per l’ingresso nello Stato, riferendo alla Polizia di frontiera dell’eventuale presenza di stranieri irregolari a bordo dei mezzi di trasporto”
Analoga disposizione è disposta a carico di chi “assume lo straniero alle proprie dipendenze” senza darne conoscenza entro 24 ore all’Autorità di P.S. (art. 7 T.U. 286/98).
Al riguardo, la Suprema Corte ha statuito come costituisce comunque reato agevolare il transito dei clandestini nel territorio nazionale,anche se gli stessi siano solo di passaggio perché diretti in altri paesi UE, così sanzionando penalmente anche il semplice valico di frontiera anche se non finalizzato alla permanenza dello straniero nel territorio nazionale (Cass. Pen. – Sent. n° 6398 del 08.02.08).
L’Amministrazione della Pubblica Sicurezza e le relative attività d’istituto sono disciplinate dalla Legge 1 aprile 1981, n. 121 [1], nonché dal Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza ( [3]T.U.L.P.S), che ne pone al vertice il Ministro dell’Interno e, a livello periferico, rispettivamente:
L’impiego delle FF.AA. da parte del Prefetto è disciplinato dall’art. 13 della L. 121/81, che consente al Prefetto di ”disporre della Forza Pubblica....e delle altre Forze….. eventualmente poste dalla legge a sua disposizione,….e di coordinarne l’attività”.
Quanto sopra premesso, deve rilevarsi come i militari del C.E.M.M. appartenenti al Corpo delle Capitanerie di Porto rivestono la qualifica di Ufficiali ed Agenti di Polizia Giudiziaria ex art. 1235 Cod. nav., nei limiti di competenza per materie d’istituto, ma non rivestono tuttavia specifica qualifica in materia di Pubblica Sicurezza, non rientrando formalmente il Corpo fra le c.d. “Forze di Polizia” di cui all’art. 16 della L. 121/81, se non limitatamente ad alcuni aspetti che di seguito saranno meglio esaminati.
Alcuni compiti e funzioni di Pubblica Sicurezza sono tuttavia specificatamente attribuiti all’Autorità Marittima e, segnatamente, al Comandante del Porto, dagli artt. 81 e 82, comma 2 del Codice della Navigazione, in aggiunta a quelli che, in via concorsuale, anche se non certamente ancillari, sono ormai permanentemente espletati in materia di “antimmigrazione clandestina”, “traffici illeciti di armi” (embargo ex Jugoslavia) e “lotta al narcotraffico via mare” (questi ultimi su espressa disposizione dell’Autorità Giudiziaria).
A tale contesto, pertanto, appare riconducibile la ratio che ha comportato l’inserimento del personale del Corpo delle Capitanerie di Porto fra le categorie di dipendenti dell’Amministrazione che, a causa della esposizione a rischio dipendente dall’attività svolta nell’ambito delle Amministrazioni della giustizia e della difesa, o nell’esercizio di compiti di pubblica sicurezza, sono esonerate dall’obbligo del pagamento della tassa di concessione governativa prevista per il rilascio della Licenza di porto d’armi di cui al D.M. 24/03/94, n° 371 (Regolamento di attuazione dell’art. 7, comma 2° e 3° della L. 21.02.90 , n° 36).
[1] Più specificamente, l’art. 82 cod. nav. dispone che in occasione di avvenimenti che possono turbare l’ordine nei porti, nelle altre zone del demanio marittimo, ovvero sulle navi mercantili che si trovano in porto o in corso di navigazione nel mare territoriale, qualora l’Autorità di pubblica sicurezza non possa tempestivamente intervenire, l’Autorità Marittima del luogo provvede, nei casi di urgenza, a ristabilire l’ordine, richiedendo, ove sia necessario, l’intervento della forza pubblica o, in mancanza, delle Forze Armate. In forza del previsto coinvolgimento delle Forze Armate non è escluso che gli equipaggi delle Unità M.M. presenti nei porti o nell’ambito delle acque territoriali possano essere chiamati a prestare il proprio concorso in materia di ordine pubblico, nei casi in cui al citato art. 82 cod. nav., compatibilmente con l’assolvimento dei prioritari compiti di istituto e fermo restando la salvaguardia della sicurezza delle unità.
Nello svolgimento dei compiti di istituto, il personale del Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia Costiera può «imbattersi» in fatti concreti costituenti reato e trovarsi, di conseguenza, costretto ad esercitare "funzioni di polizia giudiziaria" (art. 55 c.p.p.).
Tuttavia, il personale del Corpo, può legittimamente svolgere dette funzioni solo “entro gli ambiti“ per esso rispettivamente determinati dal Codice di procedura penale e dalle numerose leggi speciali (o dai provvedimenti a esse equiparati) che si interessano della materia. Per questo motivo, si dice solitamente che la legge stabilisce la “competenza” degli Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria indicando non solo quali atti possono essere compiuti dall’una o dall’altra categoria di soggetti (c.d. competenza agli atti), ma anche i limiti (di tempo, spazio e materia) entro i quali quegli atti possono esere compiuti dai vari Organi e persone cui essa attribuisce la qualifica di Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria.
Il personale delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, pur avendo quasi sempre una “competenza piena“ quanto alle funzioni che possono svolgere, vedono tuttavia “limitata” la sfera di svolgimento di tali funzioni all’accertamento di alcune determinate categorie di reati (e non, invece, di qualunque reato) che attengono all’assolvimento dei compiti di istituto.
Per il personale del Corpo l’attività di polizia giudiziaria è generalmente un’attività “residuale” che viene svolta esclusivamente quando la normale attività amministrativa (di controllo, ispezione e vigilanza) affidata dai Comandi di appartenenza progredisce nell’accertamento di un reato e impone perciò il compimento di attività dirette ad assicurare le fonti di prova e a raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale.
Nel carattere residuale dell’attività di polizia giudiziaria degli Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria a «competenza limitata» va individuata la ragione per la quale gli appartenenti al Corpo delle Capitanerie, a differenza della gran parte degli Ufficiali e degli Agenti di polizia giudiziaria a «competenza generale», possono esercitare la loro funzione solo entro definiti limiti temporali e spaziali.
E’ bene chiarire che il riferimento all’«esercizio delle funzioni» ed «ai limiti del servizio» non serve a restringere l’ambito temporale e territoriale entro il quale il personale del Corpo delle Capitanerie può e deve esercitare le sue funzioni di polizia giudiziaria.
Pur se non con qualche approssimazione, può infatti dirsi che, con riguardo ai compiti di istituto, il personale del Corpo riveste «in servizio» e «senza limiti spaziali» la qualità di Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria a seconda, ovviamente, che si tratti di Ufficiali, Sottufficiali ovvero Sottocapi e Volontari di truppa in s.p.e. ed in ferma prefissata.
Il settore d’indagine non può prescindere da fare riferimento, in primo luogo, al predetto Codice della Navigazione, che contiene i fondamenti del “diritto penale marittimo”.
In tale ambito di competenza detto personale è investito di tutti i «poteri» propri della Polizia Giudiziaria e necessari per l’espletamento delle funzioni, non esclusa quindi neppure la possibilità di adottare misure di coercizione quali il fermo o l’arresto, per evitare che un reato venga portato a ulteriori, estreme conseguenze.
Links:
[1] http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1981/04/10/081U0121/sg
[2] https://www.esteri.it/mae/normative/Normativa_Consolare/Visti/20130912_Codice_frontiere_vers_consolidata_2013.pdf
[3] https://alloggiatiweb.poliziadistato.it/PortaleAlloggiati/Download/TULPS.pdf