Le norme penali sono contenute principalmente nel «Codice Penale Rocco [1]», emanato con R.D. 19/10/1930, n. 1398 ed entrato in vigore il 17 Luglio 1931.
Il codice, che pure per oltre un cinquantennio, è rimasto immutato nella sua struttura generale, ha subito, nel corso di questo lungo periodo, numerose modifiche, soprattutto dopo l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana.
Attraverso l’intervento della Costituzionale e norme modificatrici, si è cercato di coordinare l’originario impianto normativo, modellato su una ideologia totalitaria (di ispirazione fascista), con i principi informatori dell’ordinamento democratico (ad esempio: il D.lgs. 10/8/1944 che ha abolito la pena di morte).
Pertanto la complessità del sistema delle fonti e il sovrapporsi talvolta a ritmo incessante di leggi disciplinanti la stessa materia (si pensi al diritto tributario), hanno fatto si che da più parti si auspichi una riforma totale del Codice penale.
Il codice penale si divide in tre libri:
- Libro I, che contiene la parte generale comune a tutti i reati;
- Libro II, che elenca partitamente i singoli delitti;
- Libro III, che elenca le contravvenzioni
Al Codice penale si affiancano però numerose leggi «speciali e complementari» che contengono anch’esse norme penali e che hanno reso frammentaria e particolarmente complessa la conoscenza, l’interpretazione e l’applicazione della disciplina penale vigente.
Ai fini del nostro studio possiamo ricordare alcune tra le più importanti normative succedutesi nel corso del tempo, che disciplinano, almeno nelle linee fondamentali, i compiti del Corpo delle Capitanerie di Porto, Guardia Costiera:
Con l’espressione di «Legge penale militare [2]» si indica un complesso di norme penali che hanno come destinatari essenzialmente, ma non unicamente, i militari, per la tutela della efficienza delle Forze Armate dello Stato.
Cardine di ogni legge ordinaria, e quindi anche della legge penale militare, è la Costituzione Repubblicana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Quest’ultima contiene poche norme riguardanti l’ordinamento militare ed i problemi ad esso connessi.
La legislazione penale militare si affianca alla legislazione penale comune e si presenta (almeno, all’origine) come espressione di un vero e proprio ordinamento, dotato di una sua spiccata ed unitaria fisionomia: l’ordinamento militare. Il quale vive e opera nello Stato con una propria struttura fortemente individuata, con una propria gerarchia, con un proprio «mondo» di soggetti e di interessi giuridici: quasi una piccola e caratterizzata società (il consorzio militare, per l’appunto) operante nell’ambito della più ampia società statuale.
Questa piccola e caratterizzata società ha il suo corpus di leggi e di regolamenti (di produzione statuale, naturalmente): il quale corpus, si badi, non è diretto a garantire l’esistenza e il funzionamento della società militare come realtà autonoma e fine a se stessa, bensì è ordinato a soddisfare, attraverso il regolare funzionamento dell’organizzazione militare, le più elementari e delicate esigenze di conservazione dell’intera comunità statuale.
L’ordinamento militare ha appunto una funzione strumentale nei confronti di quest’ultima: le norme che lo reggono sono poste dallo Stato proprio in vista di tale funzione strumentale. Il perno di questa impostazione è l’art. 52 Cost., che stabilisce un diretto collegamento tra l’ordinamento delle Forze Armate e l’ordinamento della Repubblica , esplicitamente ribadito, poi, dalla legge 11 luglio 1978 n. 382 e succ. modif. , la quale, delineando le «norme di principio sulla disciplina militari», ha affermato testualmente: «le Forze Armate sono al servizio della Repubblica; il loro ordinamento e la loro attività si informano ai principi costituzionali (artt. 11 e 52); loro compito è di operare al fine della realizzazione della pace e della sicurezza, in conformità alle regole del diritto internazionale ed alle determinazioni delle organizzazioni internazionali delle quali l’Italia fa parte; concorrere alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgere compiti specifici in circostanze di pubblici».
Se proprio le Forze Armate, preposte per definizione alla difesa della Patria, hanno tra i loro compiti l’intervenire in emergenze che sono tipicamente non belliche, ciò conferma che la difesa della Patria non si collega soltanto all’impegno armato e che, sul piano della promozione del bene della collettività nazionale ed internazionale, ci sono settori di impegno che non sono bellici e che tuttavia sono qualificabili come «difesa della Patria».
In effetti l’azione contro le calamità naturali (terremoti, alluvioni, eruzioni, frane, ecc.) che così spesso colpiscono il territorio nazionale e contro le piaghe sociali (come, ad esempio, la tossicodipendenza) che affliggono vasti strati della collettività nazionale causando morti a migliaia, costituisce anch’essa un’importante aspetto dell’attività di difesa: una difesa non rientrante nello schema tipico tradizionale, ma pur sempre riconducibile a una nozione lata e validissima di «difesa».
Ai fini del nostro studio, ha importanza rilevante il carattere di «specialità» della legge penale militare. Occorre tener presente che tale termine speciale è usato nella dottrina del diritto con accezioni svariate.
In una prima accezione, l’aggettivo “speciale“ sta ad indicare una legge che non è contenuta nel codice comune, ma che è di esso integrativa. In questa accezione, speciale significa, in sostanza, “complementare”.
Il carattere della “complementarità”, è il principio per il quale il sistema penale militare è integrato, nelle parti in cui manca una specifica previsione, dalle disposizioni della legge penale comune. Il principio è enunciato dall’art. 16 c.p. ed è un corollario della specialità.
In un secondo significato, il termine “speciale” viene usato ad indicare una legge che si rivolge ad una determinata categoria di soggetti (quella dei militari), a motivo della loro qualità o della speciale condizione giuridica in cui essi vengono a trovarsi (carattere della «personalità»). Soprattutto ma non unicamente: vedremo come tra le persone soggette alla legge penale militare figurano anche i non appartenenti alle Forze Armate.
La qualità di militare[1] , è un elemento della specialità che non è riferito unicamente al soggetto attivo (= autore del reato), ma anche, in combinazioni variabili, al soggetto passivo (=persona offesa dal reato), al luogo, all’interesse leso.
Infine, la legge penale militare è «speciale» perché, per una cerchia limitata di rapporti, detta una disciplina diversa da quella contenuta dalla legge penale generale. Dalla specialità della legge penale militare deriva per essa l’applicazione dell’art. 15 c.p., per il quale quando più leggi penali regolano la stessa materia, la legge speciale deroga alla legge generale, salvo che non sia altrimenti stabilito.
La legge penale militare è speciale, perché molte sue norme incriminatrici contengono degli “elementi specializzanti“ rispetto alle norme incriminatrici comuni senza i quali si applicherebbe la norma generale.
La legge penale militare di guerra è speciale rispetto alla legge penale militare di pace: la prima è caratterizzata da un intenso carattere di “eccezionalità“ (presupposto per l’applicazione della legge penale militare di guerra è l’esistenza dello stato di guerra), rispetto alla seconda che costituisce invece l’aspetto normale della legislazione militare.
Delle tre accezioni elencate, di solito ci si riferisce alla prima quando si parla di legge speciale; ci si riferisce alla seconda quando si parla di diritto penale speciale; ci riferisce alla terza quando si parla di norma speciale.
Quest’ultima sembra, fra le tre, l’accezione più precisa del termine speciale: ed è in sostanza quella a cui il legislatore comune si riferisce nel testo dell’art. 15 («la legge o la disposizione di legge speciale deroga dalla legge o dalla disposizione di legge generale…»
Si ritiene che a definire la specialità della legge penale militare debbano appunto concorrere tutte e tre le accezioni predette.
Tali caratteristiche di specialità provengono dal fatto che la legge penale militare è ordinata al raggiungimento di finalità particolari e alla tutela di interessi giuridici speciali, che avremo occasione di ricordare e, a tutela dei quali le norme speciali creano un’area normativa in cui vige una disciplina derogante alle norme penali comuni .
Occorre qui ribadire che la specialità, comunque, non sottrae la legge penale militare all’impero dei principi costituzionali né produce una sorta di «separatezza» di tale legge rispetto alla legge penale comune.
[1] Per "militare" il codice intende in generale la persona che presta servizio con tale qualità presso una delle forze armate o dei corpi armati dello Stato. L’art. 15 c.p.m.p. statuisce l’ovvia rilevanza del possesso di tale qualità al momento del commesso reato. Attualmente risultano far parte delle forze armate in senso lato, oltrre a quelle tradizionalmente ritenute tali per essere principali garanti della difesa dello Stato (esercito, marina, aeronautica), l’Arma dei carabinieri (prima inquadrata nell’esercito, ma oggi qualificata autonoma forza armata dalla legge 31 marzo 200, n. 78) e la Guardia di Finanza (qualificata corpo militare dello Stato dalla legge 23 aprile 1959, n. 180), dopo l’avvenuta “smilitarizzazione” degli altri c.d. corpi armati dello Stato (Corpo degli agenti di custodia: Legge 15 dicembre 1990, n. 395; Corpo delle guardie di pubblica sicurezza: Legge 1° aprile 1981, n. 121). Ancora risultano avere la qualità di militari gli iscritti, chiamati in servizio, nei ruoli del Corpo speciale volontariato (ausiliario delle Forze armate dello Stato) della Associazione della Croce rossa italiana, in base all’art. 29, r.d. 10 febbraio 1936, n. 484 e gli iscritti, chiamati in servizio, nei ruoli dell’Associazione dei cavalieri italiani del sovrano militare ordine di Malta, in base all’art. 4 Legge 4 gennaio 1938, n. 23.
Il «Diritto della navigazione» è l’insiene delle norme regolanto la materia della navigazione – sia marittima, interna (cioè quella esercitata su fiumi, canali e laghi) od aerea – intesa come complesso unitario dei rapporti attinenti alla navigazione.
La navigazione è qualificata dai «mezzi» con i quali si attua (nave, aeromobile, veicolo spaziale); dall’ «ambiente» nel quale si svolge (mare, acque interne, spazio aereo, spazio extra-atmosferico); dalle «finalità» che con essa si perseguono (private o pubbliche; commerciali, di ricerca, di diporto, ecc.).
Il «Codice della navigazione [3]» vigente viene approvato, nel testo definitivo, con R.D. 30 marzo 1942, n. 327 ed entrò in vigore il 21 aprile dello stesso anno. La realizzazione di esso si deve al genio di Antonio SCIALOJA (in figura), che aveva sempre sosten uto l’unità e l’autonomi del diritto della navigazione, affermando che tale diritto non doveva limitarsi alla sola discoplina della navigazione marittima ed ai suoi rapporti commerciali, bensì estendersi a tutti i rami, sia di diritto pubblico che di diritto privato. Il Codice, infatti, dà una organica e completa sistemazione a tutti i rapporti attinenti alla navigazione marittima, interna ed aerea, prescincendo dagli scopi per i quali la stessa venga esercitata e componendo istituti privatistici e pubblicistici in un sistema rigorosamente unitario. I cinquantanni del Codice della navigazione sono stati celebrati nel 1992 con un convegno svoltosi a Cagliari il 28-30 marzo, in cui è stata valutata la tenuta del Codice con riguardo ai singoli istituti disciplinati. Nel 1995 è stata istituita invece, una commissione preesieduta dal professor Gabriele PESCATORE al fine di celebrare una riforma del Codice della navigazione, ormai richiesta da più parti.
- la prima: dedicata alla navigazione marittima ed interna (artt. 15-686);
- la seconda: dedicata alla navigazione aerea (artt. 687-1079);
- la terza: dedicata alle disposizioni penali e disciplinari (artt. 1080-1265);
- la quarta: dedicata alle disposizioni transitorie e complementari (artt. 1266-
1331).
Per l'esecuzione del Codice della Navigazione e in attuazione dell’art. 1331, il Governo ha poi emanato un apposito Regolamento: il «Regolamento per la navigazione interna» (D.P.R. 28 giugno 1949, n. 631) ed il «Regolamento per la navigazione marittima» (D.P.R. 12 febbraio 1952, n. 238).
Quanto alla parte aerea, il Codice è stato ampiamente rivisitato dal D.Lgs. 9 maggio 2005, n. 96, corretto ed integrato dal D.Lgs. 15 marzo 2006, n. 151, allo scopo di migliorare il livello di tutela dei diritti del passeggero e di sicurezza del trasporto aereo, nonché di razionalizzare e semplificare l’assetto normativo e regolamentare nel settore dell’aviazione civile e delle gestioni aeroportuali.
Il Regolamento consta di "543 articoli" ed è suddiviso in "sei libri". Ogni libro è suddiviso in Titoli, Capi e Articoli, ecc.
Il primo libro riguarda gli Organi amministrativi della navigazione, il demanio marittimo, l'attività amministrativa dei porti, la polizia ed i servizi portuali, il personale marittimo, il regime amministrativo delle navi, la polizia della navigazione, gli atti di stato civile in corso di navigazione, gli oggetti appartenenti a persone morte o scomparse in viaggio ed alcune disposizioni speciali relative al diporto ed alla pesca. Tale libro corrisponde alle norme contenute nel libro primo - parte prima del Codice.
Il libro secondo, intitolato alla proprietà della nave ed all'esercizio della navigazione, tratta della costruzione della nave, delle formalità relative alla pubblicità navale, dell'esercizio della navigazione e del contratto di arruolamento. Corrisponde al libro secondo - parte prima del Codice.
Il libro terzo, è dedicato alle obbligazioni relative all'esercizio della navigazione e riguarda, in particolare, il recupero ed il ritrovamento dei relitti. Corrisponde al libro terzo - parte prima del Codice.
Il libro quarto, intestato alle disposizioni processuali, tratta dell'Istruzione preventiva, delle cause marittime, dell'attuazione della limitazione del debito dell'armatore, dell'esecuzione forzata e delle misure cautelari. Corrisponde al libro quarto - parte prima del Codice.
Il libro quinto, intitolato alle disposizioni penali e disciplinari, riguarda le disposizioni in materia di polizia, quelle processuali ed il procedimento disciplinare. Corrisponde alla parte terza del Codice.
Il libro sesto, infine, si occupa delle disposizioni transitorie e complementari.
La sistemazione della materia nel Regolamento segue, fin dove possibile, la sistematica del Codice allo scopo di rendere agevole il rintraccio delle norme regolamentari per tutti coloro che sono chiamati ad applicare le norme del Codice, ciò giustifica la frequente esistenza di Capi formati da appena uno o due articoli.
Oltre che nel Codice e relativo Regolamento, le disposizioni in materia marittima sono contenute in altri "testi legislativi" (leggi, regolamenti speciali, testi unici). Tali testi legislativi della navigazione sono, per la quasi totalità, relativi alla materia del Diritto Pubblico Amministrativo.
Links:
[1] https://www.studiocataldi.it/codicepenale/
[2] https://www.difesa.it/Giustizia_Militare/Legislazione/CodicePMP/Pagine/default.aspx
[3] https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=6&ved=0ahUKEwj7se3coezbAhVDzxQKHRYpB7kQFgiAATAF&url=https%3A%2F%2Fwww.studiocataldi.it%2Fnormativa%2Fcodice-della-navigazione%2F&usg=AOvVaw3Ls77zBpuYm62lisVldli1