Il reato può presentarsi in "forme diverse". La più semplice è (e, si potrebbe dire, prototipica) costituita dalla consumazione da parte di un singolo autore: in questo caso il soggetto realizza da solo e compiutamente la fattispecie incriminatrice (ad esempio, cagiona la morte di un uomo), in assenza di cause dei giustificazione e con la colpevolezza necessaria a fondare la responsabilità. Il reato può tuttavia manifestarsi in forme diverse che attengono:
In riferimento a queste forme di manifestazione si distingue perciò il reato:
Il Codice penale utilizza con frequenza l'espressione «circostanza» riferendola indiscriminatamente alle circostanze aggravanti o attenuanti ed alle circostanze di esclusione della pena (art. 59 comma 1 c.p.).
In senso tecnico, il termine «circostanza» è riservato invece alle sole "circostanze aggravanti o attenuanti", che possono essere definite come gli elementi accidentali o accessori del reato, i quali, senza influire sulla sua esistenza giuridica, modificano l'entità della pena, in termini quantitativi ovvero anche qualitativi (comportando, cioè, il passaggio da una specie di pena ad un'altra: ad esempio, art. 703 commi 1 e 2 c.p.).
Le circostanze in quanto "elementi accessori" del reato, a differenza degli elementi essenziali (oggettivo e soggettivo), non sono indispensabili per l'esistenza del reato (che di per sè, nella sua struttura, è perfetto), ma si limitano ad incidere sulla sua gravità. La loro presenza trasforma il reato da «semplice» in «circostanziato», determinando una modificazione della pena, generandone un aggravamento e/o una riduzione.
Tali circostanze hanno la funzione di ridurre il divario tra l’astrattezza della norma di reato e la varietà delle situazioni in cui la condotta incriminata viene posta in essere.
La loro principale funzione è quella di “adeguare la pena al caso concreto“ attribuendo rilevanza a fattori e situazioni, diversi dagli elementi essenziali, la cui presenza accresce o diminuisce il disvalore sociale del fatto e giustifica quindi un aggravamento o una attenuazione della sanzione prevista per il reato semplice (non circostanziato).
Per adeguare la sanzione penale all’effettiva gravità del fatto, interviene allora la previsione delle circostanze: che saranno «attenuanti», nel caso in cui il furto è stato commesso per finalità umanitarie o quando trattasi del furto di una mela (rispettivamente quelle degli artt. 62 nn.1 e 4 c.p.) e, «aggravanti», allorché il furto è stato commesso per acquisire l’arma o per il furto nel caveau.
Da qui una prima distinzione delle circostanze a seconda che importino un aumento o una diminuzione (di regola fino a un terzo) della pena prevista per il reato:
Oltre che in aggravanti e attenuanti (che, cioè, come si è detto, comportano un aumento o una diminuzione della pena prevista per il reato semplice) le circostanze possono distinguersi in:
Quando il reato è circostanziato, la pena si applica tenendo conto dei criteri di calcolo e di valutazione espressamente indicati negli artt. 59-60, 63-69 c.p. Le circostanze attenuanti, se esistenti, sono sempre valutate a favore dell’autore del reato anche se egli ne ignorava l’esistenza ed anche se le riteneva insussistenti; quelle aggravanti, sono valutate a carico dell’autore del reato solo quando egli ne conosceva l’esistenza o la ignorava per colpa (art. 59 c.p.).
Le osservazioni svolte a proposito delle circostanze del reato, sono importanti anche al fine di determinare la pena in funzione della competenza del Giudice o del Pubblico Ministero (art. 4 e 51 c.p.) ovvero la pena per procedere all’arresto in flagranza e al fermo di indiziato di delitto (artt. 379, 278 c.p.p.).
Quando il reato è circostanziato, la pena si applica tenendo conto di specifici criteri di calcolo e di valutazione. E’ di particolare importanza il potere, attribuito al Giudice, di procedere al «giudizio di comparazione» fra le circostanze aggravanti ed attenuanti. Si mettono sulla bilancia (art. 113 c.p.) le aggravanti da una parte e le attenuanti dall'altra e se ne pesa la rispettiva rilevanza. Se il giudizio è di “equivalenza”, la pena viene stabilita come se si trattasse di reato semplice. Se è di “prevalenza”, delle aggravanti o delle attenuanti, il calcolo va fatto tenendo conto delle circostanze ritenute prevalenti (le altre vengono praticamente cancellate).
Peraltro il legislatore è incline ad escludere il giudizio di comparazione per i reati di maggiore gravità e in particolare per i reati terroristici e per quelli relativi ad organizzazioni di tipo mafioso e nelle ipotesi di reati a grave allarme sociale come l'omicidio nei confronti di un congiunto (genitore, fratello o sorella).
Sono elementi di fatto o situazioni che possono accompagnare l'azione o l'omissione illecita prevista come reato che il legislatore ha preso in considerazione come motivo di «inasprimento» della pena (aumento della pena o applicazione di una pena di specie diversa e più grave).
Si distinguono in circostanze «aggravanti comuni» e «aggravanti specifiche o speciali», a seconda che si tratti di circostanze applicabili, in linea di principio, a qualsiasi reato (artt. 61 e 62 c.p.), ovvero riferibili a un singolo reato o gruppi di reati (artt. 576, 577 e 625 c.p.).
L’articolo 61 c.p. “circostanze aggravanti comuni” prevede 11 aggravanti e sono:
A norma dell’art. 1 DL. 625/79, è prevista un ulteriore aggravante comune per tutti i reati dolosi ovvero quella di "aver commesso il fatto per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico"
► Esemplificando:
Possono indicarsi quali esempi di circostanze aggravanti specifiche quelle previste per i delitti contro la vita (aver agito contro il coniuge, i familiari, con premeditazione, ecc.) e la incolumità (aver agito con armi, aver cagionato lesioni gravi o gravissime...) ecc.
Sono elementi di fatto non essenziali per la configurazione del reato e dei quali il Giudice può tenere conto per diminuire la pena o per irrogare una pena di specie meno grave.
La legge prevede tre specie di attenuanti e cioè quelle «comuni» di cui all'art. 62 c.p.; quelle «generiche» di cui all'art. 62 bis c.p. e quelle «speciali», previste cioè per singole figure di reato.
L'articolo 62 c.p. “circostanze attenuanti comuni” prevede 6 attenuanti e sono:
Costituiscono le circostanze generiche quelle che il Giudice indipendentemente dalle attenuanti previste nell'art. 62, può prendere in considerazione qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena.
La legge n. 288/1944 ha introdotto l’art. 62 bis c.p. che, nel 2005 è stato sostituito dalla L. 251 (meglio conosciuta come Legge Cirielli) con la attuale disposizione.
Il primo comma di detto articolo, stabilisce che “il Giudice, indipendentemente dalle circostanze previste nell’articolo 62, può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini dell’applicazione di questo capo, coma una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate nel predetto articolo 62”.
La legge Cirielli ha quindi previsto l’applicabilità delle attenuanti generiche (ovvero delle circostanze diverse da quelle previste dall’art. 62 del c.p.) nel caso in cui il Giudice le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Tra gli elementi a disposizione del Giudice ai fini della valutazione vi è la gravità del reato, la capacità di delinquere del reo ecc.
► Circostanze oggettive e soggettive
Le circostanze «oggettive» come statuisce l'art. 70 c.p., sono quelle che concernono la natura, la specie, i mezzi, l'oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'azione (ad esempio, art. 61 n. 4 c.p.), la gravità dell'offesa (ad esempio, art. 61 n. 7 c.p.) e le condizioni o qualità della persona offesa (ad esempio, art. 61 n. 10 c.p.)
Sono «soggettive», quelle riferite alla graduazione dell'elemento soggettivo e che concernono cioè l'intensità del dolo o il grado della colpa (ad esempio, art. 61 n. 3 c.p.), le condizioni o qualità del colpevole (ad esempio, art. 61 n. 9 c.p.), i rapporti tra colpevole e offeso (ad esempio, art. 577 n. 1 c.,p.), o inerenti alla persona del colpevole e cioè che riguardano «la imputabilità e la recidiva» (ad esempio, artt. 98 comma 1 e 99 c.p.
Le circostanze soggettive non si estendono ai concorrenti nel reato (artt. 60 e 118 c.p.).
► Classificazione delle Circostanze: ad effetto comune e ad effetto speciale
Le circostanze possono distinguersi, ancora, in: circostanze ad «effetto comune» e ad «effetto speciale».
Sono «ad effetto comune», le circostanze che comportano un aumento o una diminuzione non superiore ad un terzo della pena-base indicata dal codice, il che avviene anche quando il legislatore tace sull’efficacia della circostanza (v. ad esempio, artt. 61, 62, 339 n. 1 c.p.).
Ogni qual volta la legge si limita a prescrivere che la pena sia aumentata o diminuita, senza indicarne l'entità, si intende che l'aumento sia fino ad un terzo e si è in presenza quindi di circostanze ad effetto comune.
Sono «ad effetto speciale», quelle che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo della pena-base (v. ad esempio, artt. 99 n. 3, 424 n. 2, 628 n. 3 c.p.
L’art. 624 c.p. punisce il furto con la reclusione fino a 3 anni e con la multa da 30 a 516 €.
L’art. 625 c.p. (circostanze aggravanti) punisce il furto se il fatto è commesso con destrezza ovvero strappando di dosso alla persona o di mano la cosa, con la reclusione da 1 anno a 6 anni e la multa da 103 a 1032 €.
Nella vecchia formulazione dell’art. 59 c.p. “Circostanze non conosciute o erroneamente supposte” (rimasta in vigore fino al 1990) le circostanze venivano attribuite in base a un criterio obiettivo per cui esse, sostanzialmente, venivano riconosciute e ciò a prescindere dall’effettiva conoscenza (o meno) del soggetto agente e se il soggetto si rappresentava per errore come esistente una circostanza, questa non veniva valutata né a suo carico né a suo favore. Si trattava di una disciplina rigida che prevedeva l’applicazione di tali circostanze per il solo fatto di esistere.
Nel 1990 poi è entrata in vigore la Legge 7 febbraio 1990 n. 19 “Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale e destituzione dei pubblici dipendenti” che ha riformulato (modificandolo) l’art. 59 del c.p. e ha stabilito che “le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell’agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa”.
Il legislatore ha quindi previsto un nuovo criterio di imputazione delle circostanze, più precisamente per quelle aggravanti, che da oggettivo è stato modificato in soggettivo. Pertanto, perché tali circostanze possano essere riconosciute, occorre un coefficiente soggettivo rispettivamente costituito o dallo loro effettiva conoscenza o dallo loro colpevole ignoranza. Inalterata è invece rimasta la disciplina per l’applicazione delle circostanze attenuanti (imputazione obiettiva).
Pertanto l’applicazione delle circostanze aggravanti dipende dall’effettiva conoscenza delle stesse da parte del reo al momento della commissione del reato (o comunque dal fatto che le stesse sono state ignorate per colpa o per errore determinato da colpa) mentre l’applicazione delle circostanze attenuanti non dipende dall’effettiva conoscenza del soggetto.
La modifica introdotta trova ispirazione al principio (tutelato dalla Costituzione) della colpevolezza e per la soggettività della responsabilità penale.
Una disciplina particolare è prevista per l’ipotesi di errore sulla persona offesa da un reato. Il primo comma dell’articolo 60 c.p. “Errore sulla persona dell’offeso” stabilisce infatti che “nel caso di errore sulla persona offesa da un reato, non sono poste a carico dell’agente le circostanze aggravanti, che riguardano le condizioni o qualità della persona offesa, o i rapporti tra offeso e colpevole” e al secondo comma “sono invece valutate a suo favore le circostanze attenuanti, erroneamente supposte, che concernono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti”.
A seconda del grado di realizzazione, il reato si distingue in «consumato» o «tentato».
Il reato è «consumato», quando l’autore realizza completamente gli elementi essenziali previsti dalla norma.
La legge penale punisce non solo chi realizza un delitto completo di tutti i suoi elementi essenziali ma anche chi compie atti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica: in tali casi si parla di delitto tentato (art. 56 c.p.).
Il delitto «tentato» è, quindi, quello che non realizza pienamente il fatto tipico previsto dalla norma incriminatrice e che, per cause indipendenti dalla volontà del suo autore, si «blocca», invece, in una fase precedente a tale realizzazione.
► I presupposti del delitto tentato sono:
I requisiti della idoneità e della univocità degli atti richiesti dalla legge per la configurabilità del tentativo, devono essere necessariamente presenti entrambi e non possono essere alternativi.
Non è sempre facile stabilire quando si è in presenza di un reato tentato (o tentativo). Prima della consumazione (o dell’inizio di essa nei reati permanenti), la commissione del reato (doloso) è infatti normalmente preceduta da una sequenza articolata di atti: tali atti, però, possono dar luogo al tentativo solo quando si collocano in una determinata fase del procedimento criminoso ed hanno determinate caratteristiche.
I requisiti della idoneità e della univocità degli atti richiesti dalla legge per la configurabilità del «tentativo», devono essere necessariamente presenti entrambi e non possono essere alternativi. Non è sempre facile stabilire quando si è in presenza di un reato tentato (o tentativo). Prima della consumazione (o dell’inizio di essa nei reati permanenti), la commissione del reato (doloso) è infatti normalmente preceduta da una «sequenza articolata di atti»: tali atti, però, possono dar luogo al tentativo solo quando si collocano in una determinata "fase del procedimento criminoso" ed hanno determinate caratteristiche.
► Tipicamente la commissione di un reato si articola nella:
La «fase di ideazione» è quella che si svolge nella mente dell’autore del fatto e consiste nel concepire il proposito criminoso e nel decidere di realizzarlo. E’ riscontrabile solo nei reati dolosi.
Se alla risoluzione di commettere il reato, non segue la sua concreta realizzazione, il soggetto non è punibile. Al più, potrà essere sottoposto ad una misura di sicurezza quando la risoluzione consiste in un accordo con altre persone per commettere un reato (art. 115 c.p.).
La «fase di preparazione» è quella caratterizzata dalla predisposizione dei mezzi e dalla ricerca delle occasioni.
La «fase di esecuzione», infine, è quella della realizzazione del progetto criminoso. Il suo epilogo è rappresentato dalla «consumazione».
Il tentativo si colloca tra la fase della preparazione e quella dell’esecuzione.
Da un punto di vista sostanziale, il delitto tentato ha dunque un più basso livello di offensività rispetto al delitto consumato ed è perciò punito meno severamente.
Si pensi, allora, a un delitto punito da 3 a 12 anni di reclusione: se si tratta di delitto solo tentato, la pena potrà variare da 1 anno (massima diminuzione nel minimo) a 8 anni di reclusione (minima diminuzione nel massimo).
Va ricordato, che il tentativo non è compatibile con tutti i reati. La legge punisce il tentativo solo rispetto ai "delitti dolosi" (non anche rispetto a quelli colposi ed alle contravvenzioni), in quanto richiede il compimento di “atti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere il delitto” e con pene ovviamente minori rispetto a quelle previste per il delitto consumato.
Il tentativo non è poi compatibile con i delitti di attentato. In questi, infatti, vi è un’anticipazione della soglia della punibilità e gli atti idonei ed univoci che negli altri reati consentono la configurabilità del delitto tentato integrano qui il reato consumato.
► Riassumendo:
Il tentativo non è compatibile:
Un reato può essere commesso da una o più persone. Nel primo caso si è in presenza di un reato "mono-soggettivo"; nel secondo, del cosiddetto "concorso di persone" nel reato (art. 110 c.p. e seguenti) quando esse forniscono consapevolmente un contributo rilevante alla sua realizzazione.
► I requisiti del concorso di persone si possono così riassumere:
► Il concorso può essere:
Il concorso è «materiale», quando il concorrente compie alcuno od alcuni degli atti che costituiscono l’elemento oggettivo del reato.
Nell’ambito del concorso materiale e a seconda del «ruolo», ricoperto, si distingue tra:
Il concorso è, invece, «morale», quando il contributo causale del concorrente consiste nel dare impulso psichico al proposito criminoso di chi materialmente partecipa alla commissione del reato.
Nel caso del concorso morale, la partecipazione criminosa assume le forme della «determinazione», e della «istigazione».
E’, invece, un semplice istigatore colui che con altri partecipa alla decisione di commettere un reato; oppure colui che, prima dell’omicidio, promette all’autore materiale che lo aiuterà ad occultare il cadavere della vittima o colui che, prima della rapina, si accorda con i rapinatori per la consegna o lo smercio del bottino rapinato.
Il concorso di persone è configurabile anche nei reati colposi. Si denomina allora cooperazione nel delitto colposo (art. 113 c.p.), e si verifica quando ciascuno dei soggetti (cooperanti) sono consapevoli di partecipare all’azione od omissione che, assieme alla sua condotta, è causa dell’evento non voluto.