In uno Stato democratico, ove massima tutela viene riconosciuta ai diritti del cittadino ed i limiti alla libertà costituzionali sono oggetto di precise garanzie, i compiti degli Organi preposti alle funzioni di polizia devono essere svolti mantenendo, sempre, il “giusto equilibrio” tra l’esplicazione di un «atto autoritativo» qual è normalmente l’atto posto in essere dal Pubblico Ufficiale, ed il rispetto dei diritti della persona che ne subisce gli effetti.
L’identificazione di una persona rappresenta, ad esempio, più che un invito a declinare le proprie generalità personali e quant’altro possa valere ad identificarla compiutamente, un ordine dell’Autorità che, nel quadro dei principi anzidetti, va considerato un potere da esercitare, non solo con la puntuale osservanza delle norme che la regolano, ma anche con atteggiamenti e comportamenti improntati alla buona educazione, al rispetto della persona ed alla salvaguardia dell’immagine dell’Amministrazione di appartenenza.
Alla necessaria fermezza nell’intervento deve, pertanto, coniugarsi la cortesia nei modi e nel linguaggio, qualunque sia o appaia il soggetto destinatario del controllo d’identità; in tal modo, non solo si rappresenta la funzione esercitata con adeguato livello di professionalità, ma, contestualmente, si evita una giusta rimostranza o addirittura, il tentativo di far passare per arbitrario l’atto medesimo.
Allo scopo di scongiurare possibili malintesi o incertezze, la richiesta dei documenti identificativi è opportuno che sia effettuata comunque da personale in “uniforme”.
Qualora gli operatori siano in abiti civili e sia necessario ed improrogabile procedere al controllo, devono essere attuate tutte le possibili cautele per consentire al cittadino un inequivocabile riconoscimento.