Non tutte le navi hanno la medesima condizione giuridica né il medesimo trattamento: la distinzione fondamentale è tra:
Tra le navi pubbliche, si distingue poi tra «navi da guerra» e «navi in servizio governativo»
La "nave da guerra", come strumento politico, militare e diplomatico dello Stato, gode di eccezionali privilegi derivanti dalla condizione di «extraterritorialità»: è pacifica la sua non assoggettabilità a nessun tipo di azione giudiziaria o a controlli di polizia di qualunque genere.
In tempo di pace, la nave da guerra esercita «poteri autoritativi» in alto mare e non solo nei confronti di navi mercantili della propria bandiera, attraverso il:
Per essere definita “nave da guerra” un’unità deve rispondere ai seguenti "requisiti":
Le navi da guerra e le navi in servizio governativo non commerciale hanno, in alto mare, completa immunità (sovereign immunity) dalla giurisdizione di qualsiasi Stato diverso da quello di bandiera (Cnudm, 95 e 96).
L’immunità delle navi da guerra e delle navi in servizio governativo (c.d. extraterritorialità) non commerciale permane durante il transito nelle acque territoriali o il soggiorno nelle acque interne di un altro Stato e riguarda l’esenzione da fermo, ispezione, tasse e applicazione di leggi straniere.
In conseguenza del regime di immunità la bandiera dello Stato ospitante non deve essere issata, tranne che nel corso di cerimonie locali (per esempio, la festa nazionale) ovvero come forma di cortesia su disposizione delle Autorità superiori. Di qui l’uso dell’espressione «bandiera di cortesia».
I fatti delittuosi avvenuti "a bordo" in tale situazione, qualunque sia la loro natura, ricadono perciò sotto la giurisdizione dello Stato di bandiera; l'autore del reato resta a bordo in attesa di essere sottoposto a procedimento al rientro in patria. Le Autorità locali di polizia non possono nemmeno salire a bordo per acquisire informazioni, a meno che il comandante dell’unità non lo conceda spontaneamente.
Di contro, qualora il fatto-reato sia avvenuto durante una "sosta in porto" e dia luogo a violazioni di leggi e regolamenti locali con ripercussioni sul territorio dello Stato costiero, l’unità interessata potrà essere obbligata a lasciare il porto. Nessun’altra misura è perciò adottabile dallo Stato costiero nei confronti di una nave da guerra o una nave in servizio governativo non commerciale. L’immunità dalla giurisdizione straniera dei membri dell’equipaggio per i fatti accaduti a bordo si estende sia a quelli avvenuti su imbarcazioni della nave sia a quelli commessi a terra, in divisa durante il compimento di un servizio.
Diversa la situazione nel caso di reati commessi "a terra" da membri dell’equipaggio, fuori servizio, dal momento che i medesimi ricadono pienamente sotto la giurisdizione delle Autorità locali. Le stesse Autorità possono però rinunciare a perseguire i fatti commessi, consegnando gli autori del reato al comando di bordo (è consuetudine seguire questa prassi nel caso di reati non gravi).
Qualora il'autore del reato riesca a salire a bordo egli gode egualmente di immunità: potrà essere consegnato alle Autorità locali soltanto a seguito di "estradizione", qualora tra i due Paesi esista un accordo di cooperazione giudiziaria.
L’immunità delle "navi mercantili" durante il transito ed il soggiorno in acque territoriali straniere non è invece completa. Lo Stato costiero ha infatti il potere di intervenire penalmente nell’ipotesi di fatti commessi a bordo di una nave mercantile qualora si tratti di reati che hanno conseguenze sullo Stato stesso disturbandone la pace ed il buon ordine (Cnudm 27).
In relazione al regime di immunità sovrana di cui godono, le navi da guerra e le navi in servizio governativo non commerciale sono esenti dall’applicazione delle disposizioni della Convenzione del Diritto del mare del 1982 riguardanti la protezione dell’ambiente marino, pur dovendo fare in modo di osservarle, per quanto ragionevole e possibile in relazione alle proprie esigenze operative (Cnudm, 236).
Esse hanno inoltre la facoltà, durante la sosta in un porto estero, di dare "rifugio" temporaneo a bordo a connazionali, cittadini dell’Unione Europea o anche a persone di nazionalità straniera la cui integrità personale sia minacciata da pericolo imminente. Questione dibattuta è se le navi da guerra conservino la loro condizione di immunità dopo essere affondate. Il problema si pone per i relitti giacenti da non lungo tempo in acque internazionali o nelle acque territoriali di un altro Stato, ma anche per quelle di epoca più antica per le quali è difficile provare una continuità di «dominio» da parte dello Stato di bandiera. Al riguardo non si è consolidata infatti una prassi internazionale, anche se vi è consenso sul fatto che le navi da guerra sono sacrari militari intangibili quando affondate.
Questo principio non ha tuttavia trovato riconoscimento nella Convenzione UNESCO di Parigi del 2001 (Protezione del Patrimonio Culturale Subacqueo) il cui art. 2, 9 si limita a stabilire che «appropriato rispetto è dovuto a tutti i resti umani giacenti in acque marittime» senza fare quindi alcuna distinzione tra le spoglie dei marinai di navi da guerra rispetto a quelle delle navi mercantili. Il principio della imprescrittibilità dei diritti dello stato di bandiera è affermato nello Statementdegli Stati Uniti del 19 gennaio 2001 riguardante «Policy for the Ptrotection of Sunken Warships».
Si è posto il problema se le unità navali delle Capitanerie di porto e delle Forze di Polizia possano essere considerate "navi da guerra" ai fini dell'inchiesta di bandiera di cui all'art. 22, lettera c) della Convenzione di Montego Bay del 1982.
Appartenqono a tali Forze (articolo 26. n. 1 R.D. in esame) «….i militari del Regio Esercito, della Regia Marina, della Regia Aeronautica, della Regia Guardia di Finanza, ecc. »
In particolare, per quanto concerne la guerra marittima, tali soggetti, come è stabilito dall'articolo 132, sono le navi da guerra (articolo 133) e le navi mercantili trasformate in navi da guerra (articolo 134) .
Le prime a loro volta sono definite come «navi comandate ed equipaggiate da personale militare o militarizzato, iscritte nelle liste del naviglio da guerra e che legittimano la propria qualità mediante i segni distintivi adottati. a questo fine, dallo Stato cui appartengono».
Ulteriori riferimenti, per le unità navali della Guardia di Finanza, sono contenuti nella Legge 13 dicembre 1956 n. 1409 che detta disposizioni per la vigilanza marittima ai fini della repressione del contrabbando di tabacchi, i cui articoli 5 e 6 rinviano, per l'aspetto sanzionatorio, nel caso di rifiuto dì obbedienza alle intimazioni del Naviglio in esame o di resistenza o violenza contro lo stesso, agli articoli 1099 e 1100 del Codice della Navigazione che prevedono rispettivamente il delitto di «rifiuto di obbedienza e di resistenza o violenza contro nave da guerra».
Dopo quanto esposto, si può ritenere, non esista alcun dubbio sul fatto che le unità navali dei "Carabinieri", della "Capitaneria di Porto" e della "Guardia di Finanza" siano da considerare «navi da guerra».
► Infatti, sia in pace che in guerra:
Alla stessa conclusione non è possibile pervenire per le unità navali della "Polizia di Stato" in quanto, in applicazione della «Legge 10 aprile 1981, n. 121 - Nuovo Ordinamento della Amministrazione della pubblica Sicurezza»:
Ma ai nostri fini non possiamo non tenere conto, per determinare il contenuto delle regole dettate dalla Convenzione di Ginevra sull’alto mare (art. 8 para. 2), che definisce nave da guerra:
► Questa condizione:
► A conclusione di quanto precede si può affermare che tali unità possano essere considerate:
Mv/CP 2083 - La Maddalena