In conformità a quanto previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite del diritto del mare nonché dall’accordo di applicazione della Parte XI della convenzione stessa fatto a New York il 29 luglio 1994, è stata promulgata la Legge 8 febbraio 2006, n. 61 (pubblicata sulla G.U. n. 52 del 03.03.2006) che ha previsto la istituzione di ”Zone di Protezione Ecologica”, oltre le 24 miglia marine dalle linee di base del mare territoriale italiano.
Alla istituzione delle citate zone si provvede con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro degli affari estreri, sentito il Ministro per i beni culturali e le attività culturali. Il decreto di istituzione deve essere notificato, a cura del Ministro degli affari esteri, agli Stati il cui territorio è adiacente al territorio dell’Italia o lo fronteggia.
Nel provvedimento (con il quale si è posto l'obiettivo di prevenire scarichi di sostanze inquinanti in acque internazionali, ma comunque in prossimità delle coste italiane), si è stabilito che all'interno delle istituite zone di protezione, l'Italia esercita la propria giurisdizione in materia di protezione e di preservazione dell'ambiente marino, compreso il patrimonio archeologico e storico, conformemente a quanto previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 e dalla Convenzione UNESCO adottata a Parigi il 2 novembre 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo.
L’italia ha ratificato la Convenzione con Legge 23 ottobre 2009, n. 157.
Nelle zona di protezione ecologica si applicano le norme del diritto italiano, del diritto dell’Unione europea e dei trattati internazionali in vigore per l’Italia in materia di prevenzione e repressione di tutte le tipologie di inquinamento marino:
Si applicano, inoltre, le norme in materia di protezione dei mammiferi, della biodiversità e del patrimonio archeologico e storico.
In particolare, l’art. 5 della Legge 23 ottobre 2009, n. 157 stabilisce che:
Nella descrizione del progetto e nel programma di documentazione, previsti dall’Allegato della Convenzione (Regole 10, 26 e 27), devono essere indicate le coordinate geografiche del sito, con la sua possibile estensione, o il luogo dove un rinvenimento è stato effettuato.
L’Autorità marittima competente trasmette senza indugio le denunce o le richieste di autorizzazione pervenute al suddetto Dicastero, che rilascia o nega l’autorizzazione entro il termine di 60 (sessanta) giorni. La predetta Autorità provvede, altresì, ad inviare copia delle denunce e delle richieste di autorizazione anche al Ministero degli affari esteri e, se esse riguardano navi da guerra o di Stato, anche al Ministero della difesa.
I cittadini italiani o il comandante di una nave nazionale che ritrovano oggetti ascrivibili al patrimonio culturale subacqueo, localizzati nella “zona economica esclusiva” o sulla “piattaforma continentale” di un altro Stato parte (art. 9, paragrafo 1 lett. b - Convenzione) o che intendono impegnarsi in interventi sul patrimonio culturale subacqueo ivi localizzati, devono farne denuncia, alla competente Autorità consolare italiana, rispettivamente, entro 3 (tre) giorni dal ritrovamento, anche mediante comunicazione trasmessa via radio o con mezzi elettronici o almeno 3 (tre) mesi prima dell’inizio dell’attività.
L’Autorità consolare trasmette, nel più breve tempo possibile, le informazioni ricevute all’Autotità competente dello Stato nelle cui “zone” è avvenuto il ritrovamento o sono programmate le attività, nonché al Ministero degli affari esteri italiano.
Qualora la piattaforma continentale italiana si sovrappone con la piattaforma di un altro Stato è non è ancora intervenuto un accordo di delimitazione, si applicano soltanto ai ritrovamenti e alle attività localizzati, rispettivamente, entro e oltre la linea mediana o di equidistanza.
Quando il ritrovamento è effettuato da una nave militare italiana, le informazioni in ordine al ritrovamento di oggetti ascrivibili al patrimonio culturale subacqueo, sono fornite tenuto conto della necessità di non compromettere le capacità operative della nave ovvero lo svolgimento di operazioni che sono o che possono essere affidate alla nave stessa.
Il Ministero degli affari esteri notifica le informazioni ricevute dalle Autorità marittime e da quelle consolari alla Direzione generale dell’UNESCO e comunica allo Stato parte nella cui ZEE o sulla piattaforma continentale si trova il patrimonio culturale subacqueo la dichiarazione prevista dall’art. 9, paragrafo 5 della citatata Convenzione.
I cittadini italiani o il comandante di una nave nazionale che ritrovano oggetti ascrivibili al patrimonio culturale subacqueo, localizzati nella “Area internazionale dei fondi marini” o nel relativo sottosuolo o che intendono impegnarsi in interventi sul patrimonio culturale subacqueo ivi localizzato, devono farne denuncia, al Ministero degli affari esteri, rispettivamente, entro 3 (tre) giorni dal ritrovamento, anche mediante comunicazione trasmessa via radio o con mezzi elettronici o almeno 3 (tre) mesi prima dell’inizio dell’attività.
Il Ministero degli affari esteri trasmette, nel più breve tempo possibile, tali informazioni al Ministro per i beni e le attività culturali e, se il bene in questione è una nave di Stato o da guerra, al Ministero della difesa.
Il Ministero degli affari esteri notifica al Direttore generale dell’UNESCO e agli Stato che possono vantare un legame verificabile, in particolare culturale, storico o archeologico, l’avvenuta “confisca” degli oggetti ascrivibili al patrimonio culturale subacqueo in quanto recuperati in modo non conforme alla Convenzione.
L’articolo 10, nn. 1, 2, 4, 5 e 6 della Legge n. 157/2099 prevede la pena dell’arresto fino a 1 anno e dell’ammenda da € 310 a € 3.099, per le seguenti fattispecie:
L’articolo 10, n. 7 della citata Legge punisce, altresì, con la pena della reclusione fino a 2 anni e con la multa da € 50 a € 500, chi introduce o commercia nel territorio dello Stato beni del patrimonio culturale subacqueo recuperati mediante un intervento non autorizzato a norma della Convenzione.
Si applica, infine, la sanzione amministrativa pecuniaria da € 250 a € 2.500, nel caso in cui la denuncia, all’Autorità marittima o consolare oppure al Ministero degli affari esteri, sia presentata dopo il termine di 3 (tre) giorni dall’avvenuto ritrovamento di oggetti ascrivibili al patrimonio culturale subacqueo (art. 10, n. 3 L. 157/2009).
Restano ferme, in quanto applicabili, le sanzioni penali e amministrative previste dal citato codice di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.
[1] La disposizione non si applica nel caso in cui, ai sensi dell’art. 10, paragrafo 5, lettea b) della Convenzione, si sia convenuto che l’autorizzazione all’intervento non sia rilasciata dall’Italia.