Sono costituite da quegli spazi marini compresi tra la costa e le linee di base del mare territoriale. Appartengono a questa categoria:
Acque marittime interne: delimitazione
Lo Stato costiero ha, nelle acque interne, l'incontestabile diritto di disciplinare, nel modo che ritiene più opportuno, determinate materie quali la "polizia della navigazione in senso stretto", cioè assegnazione di ormeggi, movimento di navi, imbarco e sbarco di merci e passeggeri, operazioni doganali e sanitarie.
Le navi straniere devono uniformarsi e, nel caso che un comandante di nave straniera voglia esperire un'azione legale a difesa degli interessi della sua nave, lo dovrà fare secondo le norme procedurali dello Stato costiero.
Specifiche attività sono riservate ai cittadini ed alle navi nazionali. Non solo pertanto il cabotaggio e la pesca ma anche tutto ciò che la "Convenzione di Losanna del 1923", sul commercio, definisce servizi dei porti e cioè: rimorchio, pilotaggio e simili. Comunque i servizi interni, pur liberamente organizzati dallo Stato costiero, devono basarsi sul principio dell'uguaglianza di trattamento verso tutte le bandiere.
L'esercizio della "competenza giurisdizionale" è la più alta manifestazione della sovranità dello Stato costiero. Tale competenza assume naturalmente diversa pratica attuazione a seconda che sia esercitata nei riguardi di «navi da guerra» o nei confronti di «navi mercantili».
Sulle acque marittime interne, lo Stato costiero esercita in modo pieno ed incondizionato la propria sovranità, in modo identico al territorio terrestre. Le acque interne sono perciò "precluse" al cosiddetto «diritto di passaggio inoffensivo» ed il loro attraversamento comporta necessariamente l’autorizzazione dello Stato costiero, eccezion fatta per i gravi casi di pericolo o di forza maggiore.
Unica deroga a questo regime si ha laddove, per effetto del tracciamento di linee di base rette, determinate aree, precedentemente classificate come “acque territoriali”, sono invece diventate “acque interne”: in tal caso, infatti, continuerà ad essere valido il preesistente diritto di passaggio inoffensivo (art. 8.2 Cnudm).
Transito attraverso l’Arcipelago toscano e Isole Pontine
La ragione di tale regola è da ricercare nella salvaguardia degli interessi della navigazione marittima internazionale, poiché il riconoscimento della possibilità di ricorrere al sistema delle linee rette da parte degli Stati costieri non deve incidere sul diritto di utilizzare storiche vie di navigazione (è il caso, per quanto riguarda l’Italia, dell’Arcipelago toscano o delle Isole Pontine).
In virtù dell’art. 11 Cnudm., sotto il regime delle acque interne vengono a trovarsi le acque portuali.
Per quanto riguarda la disciplina relativa all'accesso e alla sosta di navi da guerra estere, in tempo di pace, è prevista dal R.D. 24 agosto 1933, n. 2423, che in sostanza stabilisce quanto segue.
Premesso che il termine nave da guerra comprende anche le «navi ausiliarie», viene precisato che tali navi, di bandiera estera, non belligeranti, possono visitare i porti italiani ed ancorarsi nel mare territoriale purché la visita sia notificata, per via diplomatica, con possibile anticipo di 7 (sette) giorni e limitata, salvo diversa autorizzazione, a non più di 3(tre) unità per ciascuno dei "tre settori" in cui, agli effetti, è diviso il litorale dello Stato: Adriatico, Ionico e Tirrenico.
Il soggiorno è limitato, di massima, ad 8 (otto) giorni salvo proroghe conseguenti a motivi di forza maggiore ed a specifiche autorizzazioni da chiedere per via diplomatica.
Le limitazioni alla sosta nei porti italiani (sia per ciò che concerne il numero delle navi autorizzate al soggiorno che per la durata della sosta) prevede il divieto di eseguire nelle acque territoriali attività militari incompatibili con il carattere inoffensivo del transito e pone l'obbligo per i sommergibili, di navigare e sostare nei porti in superficie, di non procedere ad esercitazioni subacquee.
Le unità devono occupare il posto di ancoraggio o d'ormeggio assegnato e devono partire entro 6 (sei) ore da eventuale, motivato, invito dell'Autorità marittima.
Le navi sono tenute al rispetto delle norme di polizia, di sanità e doganali ed alle regole d'uso per quanto riguarda il cerimoniale.
L'uso di apparati radio, durante la sosta, è subordinato ad autorizzazione. È vietato procedere a rilievi del terreno, ad operazioni di scandaglio nonché, salvo autorizzazioni, ad esercitazioni di tiro, di lancio di siluri, di posa di mine; gli aerei imbarcati non possono levarsi in volo. È vietato inviare a terra picchetti armati o far circolare imbarcazioni armate. ed eseguire sentenze capitali nelle acque interne e territoriali.
La vigilanza sulla osservanza di tali disposizioni spetta alle Autorità militari ed a quelle portuali. L'Autorità militare marittima, in caso di inosservanza, farà esplicito richiamo e, qualora la nave o le navi persistano nel loro atteggiamento, inoltrerà al comando delle suddette navi, una formale protesta, informando telegraficamente il Ministero della Difesa.
Le unità militari o mercantili italiane che rilevino la violazione da parte di navi straniere delle prescrizioni suddette devono darne notizia alle autorità competenti.
Le violazioni da segnalare possono riguardare anche l'inosservanza dei principi generali che regolano il transito inoffensivo i quali consentono il passaggio di navi straniere nelle acque territoriali a condizione che sia «continuo e rapido», escludendo la sosta e l'ormeggio, a meno che non costituiscano normali avvenimenti nel corso della navigazione o siano necessari per forza maggiore.
Per quanto concerne le navi mercantili, l’Italia, che è parte contraente della Convenzione di Ginevra del 1923 sul regime internazionale dei porti marittimi[1], impone, a condizioni di reciprocità, alle navi private di ogni altro Stato contraente il trattamento riservato alle proprie navi, o quello accordato alla nazione più favorita, tranne il caso di avvenimenti gravi concernenti la sua sicurezza o interessi vitali.
[1] Il principale limite che lo Stato costiero incontra, quindi, all'interno delle proprie acque interne risiede appunto nel principio della c.d. «libertà di accesso», proclamato all'art. 2 dello Statuto di Ginevra.