Sono cause in presenza delle quali viene meno la colpevolezza (elemento soggettivo) del reato. L'elemento soggettivo manca quando il fatto materiale non può essere attribuito alla «coscienza e volontà» del suo autore. In queste ipotesi l’autore del fatto non può essere punito (art. 42, comma 1 c.p.).
La riferibilità del fatto alla coscienza e volontà del suo autore può essere esclusa quando il fatto è stato commesso per:
Si definisce «forza maggiore» (art. 45 c.p.), la forza esterna alla quale l’autore del fatto non era in grado di resistere: la volontà del soggetto viene sempre annullata giacché lo stesso viene costretto da una forza esterna a se stesso che, per il suo potere superiore, inevitabilmente, lo obbliga (contro la sua volontà) a compiere l’azione incriminata dall’Ordinamento.
Si dice allora che l’agente ha incontrato una «Vis maior cui resisti non potest» (=una forza così irresistibile a cui il soggetto agente non potè opporsi) e che quindi il soggetto «agitur se non agiti» (=non ha agito ma è stato fatto agire).
Si ha invece il «caso fortuito» (art. 45 c.p.) per il verificarsi di un fatto imprevisto ed imprevedibile alla condotta dell’agente o alla sua coscienza e volontà.
Il caso fortuito determina la mancanza di dolo e di colpa allorché si verifica, per effetto del comportamento del soggetto agente, un evento da lui non voluto, né da lui causato per imprudenza o negligenza.
Sia la forza maggiore che il caso fortuito escludono, dunque, l’elemento soggettivo del reato, ma mentre nell’ipotesi di caso fortuito avviene l’inserimento, nella condotta del soggetto agente, di un «fattore imprevedibile» che rende fatale il determinarsi dell’evento; invece, nel caso della forza maggiore, l’evento deriva da un «fatto naturale» alla cui azione il soggetto non può sottrarsi.
Sicché, carattere del caso fortuito è la “imprevedibilità”, mentre nella forza maggiore è la “irresistibilità”.
Si ha «costringimento fisico» (art. 46 c.p.), a seguito di una violenza esercitata da altri e alla quale il soggetto agente non poteva resistere comunque sottrarsi.
E’ la tipica ipotesi di forza maggiore in cui la forza esterna è determinata dalla violenza fisica di un altro soggetto. Il reato quindi non viene commesso da chi agisce materialmente ma da chi ha posto in essere la costrizione.
L’ipotesi vista in precedenza va tenuta distinta da quella del cosiddetto «costringimento psichico» (art. 54, comma 3 c.p.). In questo caso, infatti, nei confronti dell’autore del fatto non viene esercitata una violenza fisica alla quale non è possibile resistere, ma una «minaccia» in grado di generare in lui un vero e proprio stato di necessità e di indurlo a commettere il fatto per salvare sé o gli altri da un pericolo attuale di danno grave alla persona.
Al costringimento psichico conseguono effetti analoghi a quelli del costringimento fisico: del reato risponde, infatti, l’autore della minaccia e cioè colui che ha costretto l’autore «materiale» di questo.