Per quanto concerne il sistema sanzionatorio attualmente vigente in materia di rifiuti, l'art. 13 del D.L.vo 24 giugno 2003 n. 182 “Attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico”, prevede una serie di «sanzioni amministrative» per le violazioni commesse dai gestori degli impianti portuali di raccolta dei rifiuti e dai comandanti delle navi.
â–º Competenza e giurisdizione
L’articolo 135, al comma 2 (Competenza e giurisdizione) del Testo Unico sull'ambiente dispone:«Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 , ai fini della sorveglianza e dell’accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall’inquinamento provvede il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.); può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Il Corpo delle capitanerie di porto, Guardia costiera, provvede alla sorveglianza e all’accertamento delle violazioni di cui alla parte terza del presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni o situazioni di pericolo per l’ambiente marino e costiero».
L’articolo 195, n. 5 (Competenze) del Testo Unico sull'ambiente dispone : «Fatto salvo quanto previsto da decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell’accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di “rifiuti nonché della repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti” (di cui alla parte quarta del presente decreto), provvedono il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) e il Corpo delle Capitanerie di Porto, Guardia Costiera, può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato».
La giurisprudenza si è occupata più volte della tematica dei rifiuti prodotti dalle navi e dai porti. Con riferimento a quali sostanze possano essere ricondotte nell’ambito applicativo del D. Lgs. N. 182/2003, si legge che “Gli slops (e cioè le miscele contenenti idrocarburi derivanti dallo svuotamento dei bracci di carico delle navi dallo scarico delle valvole di sicurezza), se sono effettivamente ed oggettivamente riutilizzati in un diverso ciclo produttivo, anche dopo aver subito un trattamento preventivo minimo (decantazione), fuoriescono dal regime dei rifiuti in virtù dell'art. 14 l. 178/02: essi possono essere considerati sottoprodotti se ricorrono i requisiti dettati dall'art. 183, comma 1. lett. p), d.lg. 152/06 (vale a dire: origine da un processo non direttamente finalizzato alla sua produzione, che può consistere anche nella produzione di un servizio come il trasporto di beni, assenza della volontà del produttore di disfarsene, reimpiego certo ed integrale, rispetto di standard merceologici e di tutela ambientale, riutilizzo senza necessità di trattamento preventivo, valore economico)” (Cassazione penale, sez. III, 30 settembre 2008, n. 41839). Sono invece considerati rifiuti (pericolosi) le acque di sentina che vengono raccolte e ritirate all'esito delle operazioni di pulizia delle navi (Cassazione penale, sez. III, 27 giugno 2003, n. 38567).
Per quanto concerne le «autorizzazioni», invece, è stata ritenuta legittima l'attribuzione del servizio di prelievo dei rifiuti da navi nelle rade e nei porti nazionali, in via temporanea e d'urgenza, mediante autorizzazione temporanea, al fine di sopperire ad urgenti esigenze nelle more del procedimento di concessione (Consiglio di Stato, sex. VI, 21 febbraio 2001, n. 895). Non è invece consentito che un soggetto, autorizzato dall'autorità portuale alla sola raccolta dei rifiuti solidi scaricati dalle navi, provveda di fatto alla raccolta ed allo stoccaggio di ogni altro rifiuto delle attività portuali in mancanza di ulteriore espressa autorizzazione (Tribunale di Genova, 25 febbraio 2003).
La Cassazione civile, poi, con sentenza n. 19800 del 14 settembre 2006, è intervenuta in materia di sanzioni amministrative. In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che “l'ordinanza della Capitaneria di Porto che vincoli le navi in ingresso nel porto a tempi (nella specie di non oltre ventiquattro ore) di consegna dei rifiuti di bordo (anche non alimentari), non è in contrasto con le disposizioni della convenzione internazionale di Londra del 2 novembre 1973 (Marpol 73/78) per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi, ratificata in Italia con l. 29 settembre 1980 n. 662, sebbene tale convenzione, nello stabilire (allegato V) le linee guida dei piani di smaltimento dei rifiuti da adottare dalle singole navi, non imponga limiti temporali vincolanti per lo scarico. Conseguentemente, in caso di inottemperanza alle disposizioni regolamentari temporali imposte dalla Capitaneria è applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall'art. 1174 c.nav.”.
Infine, la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 25 settembre 2008, causa C-368/07, ha condannato l'Italia per omessa elaborazione ed applicazione dei piani di raccolta e gestione dei rifiuti per tutti i porti italiani. Lo Stato italiano risulta infatti inadempiente relativamente agli obblighi previsti dagli art. 5, n. 1 e 16, n.1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/59/CE, relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico. Tala direttiva, infatti, impone ai Paesi dell’Unione Europea di ridurre gli scarichi in mare dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui di carico, di rafforzare la protezione dell'ambiente marino e di far sì che ogni porto abbia un piano adeguato di raccolta e di gestione dei rifiuti. Il ricorso arriva dopo numerose sollecitazioni da parte della Commissione delle comunità europee, che già nel luglio 2004 aveva chiesto alla Repubblica italiana la conferma dell'adozione dei piani di raccolta e di gestione dei rifiuti per tutti i porti italiani ed in particolare la trasmissione dei piani concernenti un campione di 19 porti. Nell'anno successivo lo Stato italiano aveva comunicato i piani di raccolta di alcuni porti (Napoli, Ravenna, Taranto e Trieste) ed i progetti di piani di raccolta di altri, portando la Commissione a formulare un parere motivato, in data 18 ottobre 2005, con il quale invitava a prendere i provvedimenti necessari per conformarsi a tale parere nel termine dei due mesi successivi. Alla scadenza del termine l'Italia non aveva ancora adottato piani di raccolta per 10 dei 19 porti segnalati dalla Commissione.