Le operazioni di riduzione hanno come obiettivo l'eliminazione totale dello spandimento, dopo averlo contenuto e, per quanto possibile, concentrato manovrando le panne galleggianti in modo da dislocare nelle posizioini più favorevoli di vento e di corrente.
Sistemi più soffisticati sono attualmente allo studio, come la coagulazione e la gelificazione dell'olio, ma si ritiene che queste metodologie avranno scarse possibilità di applicazione sia per le dificoltà operative che presentano, sia per l'elevato costo dei prodotti.
Le apparecchiatrure da impiegare dovranno possedere le seguenti caratteristiche:
Inoltre, dovranno essere antideflagranti nell'eventualità della presenza di gas e vapori di idrocarburi nelle zone nelle quali dovranno operare.
La scelta della tecnica più idonea per ottenere i migliori risultati nelle condizioni contingenti in cui si dovrà intervenire, dipende dall'entità dello spandimento, dalle caratteristiche chimiche e fisiche del prodotto versato e, in particolare, dalle condizioni meteomarine. E' evidente che in condizioni di moto ondoso accentuato sarà pressoché impossibile la rimozione diretta dell'olio come del resto risulterà estremamente difficoltoso il suo assorbimento in caso di vento.
Questo metodo di disinquinamento, è messo in atto servendosi di particolari “apparecchi succhiatori” identificabili con il termine di «skimmers», ideati per rimuovere dalla superficie dell’acqua gli idrocarburi senza causare notevoli cambiamenti delle loro proprietà chimico fisiche sia per l’eventuale riutilizzo del prodotto recuperato.
Esistono in commercio vari tipi di skimmers:
Belt Skimmer: tipo a nastro
Vengono usati in genere insieme alle “panne galleggianti” di contenimento e posizionate nell’angolo chiuso dello sbarramento a “V” oppure nella concavità dello sbarramento a “U” o nei siti ove, per corrente, vento e interventi programmati, gli idrocarburi si raccolgono in maggior quantità. Nei casi di utilizzazione è necessario il collegamento con mezzi di appoggio e di stoccaggio, per poter effettuare il successivo trasporto del prodotto oleoso raccolto presso i depositi costieri opportunamente adibiti.
Schema a "U"
• l’olio può essere contenuto presso la fonte inquinante
• si riduce la possibilità di contaminazione costiera
• la sostanza oleosa viene rimossa dal mare
• considerevole tempo per il trasporto e la dislocazione
• costi di impiego
• logistica
• eliminazione delle sostanze rimosse
• possibile inefficacia in relazione alle situazioni meteo-marine
Il disinquinamento basato sulle tecniche dell’assorbimento richiede dei particolari materiali che abbiano una grande affinità verso i prodotti oleosi e, una notevole repellenza verso l’acqua. Possono quindi assorbire l’olio versato assorbendo contemporaneamente solo modeste quantità d’acqua.
Gli assorbenti galleggianti, in particolare, sono prodotti in grado, grazie anche al loro peso specifico molto basso, di galleggiare a lungo consentendo (a differenza degli affondanti) il recupero meccanico della miscela olio-assorbente.
Le principali limitazioni all’uso di questi prodotti sono la loro voluminosità che ovviamente gioca inerte che fa raggiungere al petrolio un ruolo sfavorevole nel trasporto e nella manipolazione, ma soprattutto il fatto che quelli di origine vegetale tendono in un tempo più o meno breve ad affondare e quindi il recupero deve, ma non sempre può, essere rapido. Quelli di origine minerale galleggiano per un tempo più lungo ma creano problemi di smaltimento in quanto l’estrazione dell’olio dall’assorbente risulta non economica. Inoltre, presentano alcuni inconvenienti in fase di spargimento sulla chiazza oleosa. Infatti, in condizioni, di vento e di moto ondoso accentuati, il tempo di permanenza del materiale assorbente non risulterebbe sufficiente per consentire tale meccanismo. Queste sostanze al termine del processo di assorbimento devono essere rimosse meccanicamente e distrutte, per incenerimento o per combustione, oppure interrati in zone di non facile individuazione.
Gli assorbenti autoaffondanti, sono aditivi chimici (c.d gelificanti, in quanto riducono allo stato di gel gli oli minerali), che tendono a prevenire lo spargimento rapido degli idrocarburi flottanti sull’acqua formando come un tappeto che talvolta, rimosso, permette il riutilizzo degli idrocarburi stessi. Il loro uso presenta, peraltro, l’inconveniente di trasferire l’inquinamento dalla superficie al fondo marino con conseguenze gravi per l’ecosistema. Inoltre, se la sostanza impiegata non possiede una elevata capacità di ritenzione, tale da mantenere inalterata la proprietà di autoaffondamento, potrebbe avvenire la risalita del prodotto rendendo indispensabile un nuovo intervento. Tale tecnica non è più in uso.
Assorbenti galleggianti
La tecnica operativa del metodo della «dispersione» consiste nell’irrogare il disperdente sulla macchia oleosa mentre il mezzo navale avanza, a velocità adeguata, lungo il perimetro della macchia ovvero a rastrello, tenendo conto della direzione del vento e della corrente.
Tali prodotti agiscono quindi per riduzione dell’inquinamento. A questo proposito è da osservare che in effetti i disperdenti di 1^ generazione, utilizzati fino alla fine degli anni '60 (vedasi Torrey Canyon 1967), presentavano un’alta percentuale di componenti aromatici (benzene, tluene, xylene), alquanto tossici che, additivati con agenti tensio-attivi, esercitavano soprattutto un’azione solvente delle macchie di idrocarburo irrorate.
I disperdenti successivamente prodotti, ed oggi disponibili per l’uso, sono di concezione e composizione diversa. Essi si dividono in 3 categorie con riferimento al modo d’impiego e al tipo di agente che espleta funzioni di supporto meccanico del tensio-attivo destinato ad abbassare la tensione superficiale dell’idrocarburo trattato, causandone la dispersione nella colonna d’acqua. Trattasi in effetti di un processo fisico-meccanico che consiste nel provocare il frazionamento della massa di petrolio, provocandone la rottura della forza di coesione molecolare e agevolando così il processo di metabolizzazione (biodegradazione) dell’idrocarburo da parte dell’ambiente marino.
• hanno efficacia immediata
• riducono il rischio di incendio e di compromissione delle coste
• riducono la contaminazione densa degli uccelli marini
• evitano la formazione delle emulsioni
• il loro uso costa meno dell’intervento meccanico
• migliorano la biodegradazione
• l’olio non viene rimosso, ma soltanto spostato
• procurano nuovi e diversi effetti inquinanti
• possono sfavorire le altre strategie di intervento
L’eliminazione della macchia oleosa per combustione (incendio) non è facilmente attuabile poiché il prodotto versato in mare tende rapidamente ad evaporare. Inoltre, distribuendosi su strati sottili, risente dell’azione raffreddante dell’acqua; azione che impedisce il raggiungimento della temperatura di accensione dell’olio minerale. Vi è inoltre da considerare che la fase di incendio non sarebbe sufficientemente controllabile e porterebbe come conseguenza l’inquinamento atmosferico. In conclusione tale metodo è una alternativa solo quando non esistano altre tecniche per fronteggiare una grave situazione di inquinamento marino (per una caduta di residui combusti sottovento e un residuo carbonioso in mare difficilmente degradabile).
• l’incendio elimina dall’ambiente parte dell’inquinante
• pericoli per la sicurezza del personale
• possibile inefficacia in relazione alle situazioni meteo-marine
• produzione di inquinamento atmosferico
• problemi di gestione dell’incendio
• deposito dei residui della combustione sul fondo del mare